Le nuove frontiere della giustizia sociale: il Terzo Mondo

Un tempo, nei paesi oggi industrialmente avanzati dell'occidente, si contrapponevano in un conflitto di classe da una parte le plebi affamate, dall'altra i ricchi. Di fronte a quel conflitto, per raggiungere la giustizia sociale, sembravano aperte due strade: la violenza rivoluzionaria oppure il riformismo. L'esperienza, di fronte al disastro morale ed economico dell'Europa orientale e al progresso di quella occidentale, ha irrevocabilmente indicato quale fosse la strada giusta.

Oggi il conflitto di classe non è più acuto nei singoli Paesi avanzati, ha oltrepassato i confini nazionali per diventare un conflitto planetario, tra gli "happy few" del mondo e la sterminata schiera dei poveri: quasi un miliardo di uomini che rischia letteralmente la morte per fame e malattia.

Davanti alla nuova frontiera della giustizia sociale, alla nuova lotta di classe universale, oggi, come all'inizio del secolo, si aprono le due strade divergenti e il movimento socialista internazionale, che già ha contribuito in modo decisivo a risolvere il problema in Europa, forte della sua esperienza e tradizione, indica ancora una volta la via maestra del riformismo, della solidarietà, della cooperazione, in antitesi a quella della violenza.

Lo fa contrastando negli anni '60 il colonialismo, tracciando nel 1979, con il famoso rapporto Nord-Sud di Willy Brandt all'Onu, una strategia organica di intervento sovranazionale.

L'Internazionale Socialista può parlare al mondo dei ricchi, perché i suoi rappresentanti europei ne fanno parte, anzi, sono, grazie alla realizzazione del welfare state, gli eredi della tradizione che ha costruito la società del benessere. Ma può parlare anche al mondo dei poveri, perché i principi morali di solidarietà, di libertà, di rifiuto del colonialismo e del razzismo costituiscono una forte attrattiva per il movimento socialista europeo nel Terzo Mondo. Anche per questo Bettino Craxi è incaricato dalle Nazioni Unite di affrontare il problema del sottosviluppo e del debito internazionale.

Le cifre sono impressionanti: 1.300 miliardi di dollari di debito, interessi passivi che mai potranno essere pagati e che sono passati in dieci anni, tra il 1980 e il 1990, da 80 a 180 miliardi di dollari all'anno. La ricetta di Craxi è la quasi totale cancellazione del servizio sul debito per i poverissimi, ed un sacrificio immensamente inferiore a quello che i ricchi affrontarono per scongiurare la "guerra sociale" nelle singole nazioni avanzate: l'aumento dallo 0,35 allo 0, 7 della percentuale di prodotto nazionale lordo destinata agli aiuti per il Terzo Mondo.

L'impegno dei socialisti ha una storia antica, che risale alle lotte, anche sanguinose, contro le avventure africane dell'Italia monarchica: proprio nella rivolta del 1910 contro la guerra di Libia, Pietro Nenni, in Romagna, conobbe per la prima volta il carcere.

La tradizione umanitaria del socialismo preme perché l'Italia faccia il suo dovere nel soccorrere le nazioni africane più colpite dalla fame.

Insieme ai radicali e a una parte del mondo cattolico, proprio Loris Fortuna dedica gli ultimi anni della sua vita, stroncata prematuramente nel 1985, alla campagna contro la fame nel mondo. Si tratta di un'opera di difficile sensibilizzazione verso l'opinione pubblica. Resta vivida, nel ricordo, l'immagine dei cortei di Natale, a Roma, con Pertini e Fortuna, per raccogliere il sufficiente consenso popolare intorno a una politica di generosità.

Nel 1985, a conclusione di un lungo sforzo, è approvata la legge Piccoli-Fortuna per la costituzione del Fai (Fondo Aiuti Internazionali).

L'impegno per la cooperazione e lo sviluppo continua, con un'opera di rafforzamento e di coordinamento. E l'opinione pubblica, con l'afflusso degli immigrati dal Terzo Mondo sul territorio nazionale, tocca con mano quello e che forse è il più grande problema del nostro tempo. Anche qui, con la legge Martelli, i socialisti parlano i1 linguaggio della solidarietà e della razionalità.

L'Italia civile infatti non può accogliere indiscriminatamente e dare lavoro ai disperati del mondo, perché è una nazione sovraffollata di 55 milioni di abitanti, una goccia nel mare dei bisogni; può e deve tuttavia assicurare condizioni di vita dignitose e certezza di diritto a chi un lavoro lo ha. Può contribuire a risolvere il problema alle radici, creando, in stretto rapporto con la Comunità europea e internazionale, occasioni di sviluppo e lavoro nel Terzo Mondo.