La scuola media unica

All'inizio del secolo, il movimento socialista aveva lottato per la scuola elementare obbligatoria di cinque anni, aveva posto l'alfabetizzazione come obiettivo prioritario. Dall'ultimo dopoguerra, si pretende un passo più in là, come i tempi impongono: altri tre anni di scuola media unica e obbligatoria.

Il primo ottobre 1963, con la legge Gui-Codignola (dal nome del ministro democristiano dell'Istruzione e del responsabile scuola del partito socialista), l'obiettivo è raggiunto. E' secondo l'espressione allora coniata dai socialisti una delle prime e più importanti "riforme di struttura" consentita dal nuovo clima del centro sinistra. Precedentemente, dopo la quinta elementare, si aprivano in pratica per gli alunni tre strade. I benestanti andavano alla scuola media, dove si insegnava il latino e si preparava l'accesso ai licei e all'università. I poveri prendevano qui, a 11 anni, una strada che mai più si sarebbe incrociata con quella della classe dirigente: andavano alle scuole professionali, di arti o mestieri. Le bambine povere, spesso, peggio ancora, specialmente nel Mezzogiorno, erano inghiottite dalle pareti di casa, destinate ai lavori domestici, nell'attesa del matrimonio. La scuola media unica ha dunque un profondo significato sociale e di uguaglianza. Lo spartiacque tra la futura classe dirigente e i futuri lavoratori a livello esecutivo è tracciato non più a 11 anni, quando l'unico criterio è il censo della famiglia d'origine, ma a 14 anni, quando si può meglio valutare anche il rendimento scolastico e le inclinazioni del ragazzo. Le bambine non sono più tanto precocemente avviate a una discriminazione su base classista. Il "plafond" di istruzione comune a tutti i cittadini, e anche il tratto di vita in comune, si allargano, introducendo una maggiore uguaglianza e coesione sociale.