Per la libertà contro il fascismo

I socialisti non sono certo i soli a combattere il fascismo nelle piazze d'Italia sino al 1922; nella terra di Spagna, con le brigate internazionali, dal 1936 al '38; nelle nostre montagne, con la resistenza partigiana, dal 1943 al '45; in una ininterrotta, ventennale azione politica nell'esilio e nella clandestinità. Forse, i socialisti forniscono un apporto militare inferiore a quello comunista, per le minori capacità organizzative del loro partito. Ma nessuna forza è altrettanto moralmente e politicamente coerente in questa lotta. Non il mondo cattolico, perché la Chiesa alfine si adatta alla pacifica convivenza con il regime. Non il mondo liberale, perché la sua classe dirigente, la grande borghesia italiana, nella stragrande maggioranza, finisce per accettare il regime. Neppure il mondo comunista, anche se questa verità risulta ancora oggi appannata dalle nebbie della propaganda.

I comunisti hanno infatti delle cadute di impegno per due vizi strutturali: il legame di ferro con Mosca; l'abitudine a considerare il valore della libertà meno significativo degli assetti economici. Per quest'ultima ragione, Umberto Terracini non percepisce nemmeno il tragico significato della marcia su Roma e scrive: "Si tratta di una crisi ministeriale un po' mossa. Possano i proletari italiani capire finalmente che le classi conservatrici , che si sono servite del terrore bianco, e lo Stato democratico, che si pone al loro servizio, sono alla stessa stregua i loro mortali nemici". Per la medesima ragione, dalla equiparazione tra democrazia e fascismo, i comunisti passano, nel 1929, addirittura a quella tra socialismo democratico e fascismo, adottando la famosa formula staliniana del "socialfascismo".

Dal legame con Mosca, e dalla prevalenza delle sue ragioni di potenza, deriva invece, nel 1939, dopo l'accordo Hitler- Stalin, un'altra rottura di coerenza. Quella che per oltre un anno porta i comunisti a inveire contro l'imperialismo occidentale e a predicare un approccio pacifista verso la Germania hitleriana. "I Tasca, i Modigliani, i Saragat, i Nenni, questi farabutti - scrive "Stato operaio" difendendo la politica comunista di non intervento contro il nazismo -   fanno la stessa politica che fece Benito Mussolini nel 1914-15 per l'intervento in guerra a favore dell'imperialismo dell'Inghilterra e della Francia". Il fuoco del conflitto e l'immenso sacrificio compiuto nella Resistenza cancelleranno queste pagine nere della storia comunista. Ma il Partito dei martiri antifascisti, da Matteotti ai fratelli Rosselli, e degli eroi, come Pertini, può rivendicare, insieme alla lotta, l'unicità della sua assoluta coerenza politica antifascista.