Le Camere del Lavoro
Origini delle Camere del Lavoro.-Istituti similari esteri.-Borse e Camere del Lavoro.-Definizione della Camera del Lavoro.-Gli organi e le funzioni

Le leghe, abbiamo detto, si raccolgono e si disciplinano in più vasti organismi di secondo e terzo grado, denominati Camere e Federazioni. Questi organismi hanno struttura e funzioni ben distinte, per cui è necessario studiarli separatamente.
Cominciamo dalle Camere.
Contrariamente a ciò che si è verificato altrove – specie fra gli anglo-sassoni – la Camera del Lavoro ha preceduto, in Italia,  il sorgere delle Federazioni nazionali di tipo moderno, fatte poche eccezioni, non solo ma la Camera del Lavoro ha avuto da noi, e conserva tuttora un’influenza morale assai più grande che non  abbiano gli organismi similari degli altri  paesi non latini. In Francia ed in Italia le Camere del Lavoro ebbero per un certo tempo l’esclusiva nella direzione degli scioperi e sono ancora oggi i più ardenti focolari di agitazione politica. La masse lavoratrici, anche se non organizzate, conoscono soprattutto la Camera del Lavoro della propria località; è ad essa che si rivolgono per aiuto e consiglio tutte le volte che si produce un fatto straordinario – sia che si tratti di un improvviso conflitto del lavoro o di protesta politica. Ciò si è visto molto bene durante le agitazioni contro il caro-vita, del maggio 1919, in cui sembrò per un momento che i poteri legali fossero scomparsi e tutti obbedissero soltanto all’autorità delle Camere del Lavoro.

 

 

Per quale concorso di fatti e di circostanze le Camere abbiano potuto avere una parte preminente nella storia delle lotte operaie, a differenza dei  Gewerkshafts-Kartelle tedeschi e dei Trade-Councils inglesi – istituzioni analoghe alla Camere italiane ed alle Bourses francesi – e perché tali istituzioni in Germania, in Inghilterra, come anche nei  paesi scandinavi, passino in seconda linea ed abbiano carattere prevalentemente burocratico, è quasi impossibile precisare. L’analisi del fenomeno fu tentata da qualche scrittore di cose operaie, ma non ha portato a spiegazioni molto convincenti. E’ certo che  a determinare il fenomeno concorrono la storia, la psicologia, il grado di sviluppo industriale di un paese e tanti latri fattori ancor meno ponderabili. Ma ciò non ha grande importanza per noi che dobbiamo portare il nostro esame sugli organismi quali si trovano.

Le nostre Camere del Lavoro furono tagliate sul modello delle Bourses du travail. La prima Borsa del Lavoro fu istituita a Parigi nel 1887 e, come dice il suo nome, doveva in origine essere un’istituzione intesa a facilitare l’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro. Il Municipio di Parigi la sussidiò a tale titolo, ma essa divenne ben presto la casa dei sindacati: da ciò la sua rapida evoluzione da semplice ufficio di collocamento gratuito ad organismo complesso per la difesa degli interessi generali della classe operaia. Una delegazione operaia milanese, guidata dal Gnocchi-Viani, che si era recata a Parigi nel 1889 per visitarvi l’Esposizione, visitò pure la nuova istituzione operaia e ne tornò entusiasta, tanto che prese immediatamente l’iniziativa dell’istituzione di una Borsa a Milano.

La prima Camera istituita in Italia è stata, però, quella di Piacenza, nel 1890. L’anno dopo si costituì quella di Milano e in seguito ne sorsero altre in  pochi grandi centri – Torino, Venezia, ecc. – le quali ebbero vita più o meno stentata, per una serie di cause sfavorevoli. La reazione politica del 1898 le abbattè quasi tutte e fu solo dopo il 1900 che poterono generalizzarsi e mettere salde radici.

E qui viene spontanea una domanda: perché Camera e non Borsa? Perché si è dato a questa unione locale un nome che non ha riscontro in nessun’altra istituzione straniera dello stesso genere? Il perché è presto detto: a quell’epoca gli interessi dei datori di lavoro erano presidiati dalle Camere di Commercio e dai  comizi agrari, nel campo padronale non esistevano ancora le specifiche organizzazioni di classe: trattandosi di costituire un organismo assai più complesso della Borsa, cioè del semplice ufficio di collocamento, venne dato a questo organismo il nome di Camera del Lavoro, a significare il contrapposto della Camera di Commercio, ossia l’Istituto in cui si presidiano gli interessi della classe lavoratrice.

Dicesi, quindi, “Camera del Lavoro” quella unione locale (provinciale, circondariale o comunale) di leghe di mestiere che ha per compito di curare la politica sociale della classe lavoratrice nell’ambito della propria giurisdizione, in rapporto alle pubbliche  amministrazioni locali ed in armonia con le organizzazioni nazionali del proletariato.

La Camera del Lavoro è retta dal “Consiglio  Generale” ( o “Consiglio delle leghe”) dalla “Commissione esecutiva” e da molteplici “commissioni”.

Il Consiglio Generale è costituito dai delegati delle Sezioni (Leghe) le quali ne nominano uno, due o più, in ragione del numero  dei loro soci. Il Consiglio Generale ha le seguenti mansioni:

a)    Sorveglia il buon andamento della Camera del Lavoro;

b)    sanziona l’operato della Commissione Esecutiva;

c)     approva i bilanci;

d)    approva e modificalo statuto e i regolamenti interni;

e)    nomina e revoca gli impiegati;

f)      elegge la Commissione di controllo;

g)    risolve le eventuali controversie fra le Sezioni e la Camera del Lavoro;

h)    Tratta le questioni generali interessanti le Sezioni e, in genere, tutte le proposte e le iniziative intese al regolare funzionamento e al progressivo sviluppo della Camera del Lavoro e delle Sezioni.

Discorriamo, come è facile comprendere di un tipo comune di Camera, il che non vuol dire affatto che tutti gli statuti camerali siano eguali dappertutto; esistono, al contrario, delle differenze fra Camera e Camera, ma queste differenze non sono tali da offrirci dei tipi sostanzialmente diversi per ciò che concerne l’ordinamento interno della Camera.

Il Consiglio Generale, che di solito dura in carica per un anno, è il supremo potere della Camera del Lavoro, una specie di parlamento: corpi elettorali le singole sezioni, deputati i delegati, rappresentante l’intera Camera il Consiglio, che qualche volta ha il presidente fisso e, più di frequente, nominato seduta per seduta.

Contrariamente a ciò che avviene per i Trade-Councilis inglesi, per es. dove la Commissione Esecutiva è emanazione diretta del Consiglio, qui da noi essa è quasi sempre eletta per suffragio universale da tutti i soci della Camera, i quali votano per l’intera lista dei commissari – il cui numero varia col variare dell’importanza dell’organismo – essendo rari i casi in cui si accorda il diritto di rappresentanza alle minoranze.

Ciò è sembrato a qualche organizzatore – e sembra anche a noi – un’incongruenza costituzionale, poichè, se è vero che la Giunta Esecutiva deve godere la fiducia del Consiglio Generale, logica vorrebbe che fosse questo a eleggerla, anche per evitare conflitti sempre possibili fra l’Assemblea e il Consiglio; così pure vi ha chi osserva che la facoltà accordata al Consiglio di nominare e revocare gli impiegati urta col suo carattere eminentemente direttivo; ma, a parte il fatto che non tutte le Camere si attengono strettamente alle suindicate norme, oggi non è più il caso di soffermarci su tali piccole incongruenze tecniche, giacchè nella coscienza dei lavoratori sono maturate nuove e ben più profonde innovazioni delle quali diremo a suo tempo.

Avvertasi che il Consiglio Generale funziona a dovere nei grandi centri urbani in cui è facile convocare i rappresentanti delle leghe; per quelle circoscrizioni camerali che hanno le loro sezioni sparse nei sobborghi e in una quantità di piccoli comuni lontani dalla sede camerale, invece, il Consiglio Generale è di difficile convocazione, ed allora accade che sia sostituito dal Congresso, il quale si aduna più raramente (una o due volte all’anno) con le norme fissate per la nomina dei delegati al Consiglio. In simili casi le Commissioni Esecutive hanno poteri alquanto più ampi e il Congresso è chiamato ad approvare i bilanci e a fissare lì indirizzo morale della Camera.

Può altresì accadere che si abbiano i due poteri contemporaneamente – il Consiglio ed il Congresso.

La  Commissione Esecutiva, come abbiamo detto, si compone  di un numero variabile di membri effettivi (18 al  massimo) e di un proporzionato numero di membri supplenti. Sue principali attribuzioni sono:

a) dirigere la Camera e amministrarne il patrimonio;

b) rappresentare la Camera in tutte le manifestazioni  e nei rapporti con i terzi;

c) curare il raggiungimento degli scopi della Camera e il buon andamento della Camera;

d) sorvegliare e rispondere del buon andamento della Camera;

e) eseguire i deliberati del Consiglio Generale;

f) presentare ogni anno al Consiglio Generale il bilancio;

g) prendere quelle deliberazioni d’urgenza che non  implichino mutamento nell’indirizzo generale della Camera. L’opera della Commissione Esecutiva è  sorvegliata dalla Commissione di controllo, composta di tre o cinque membri nominati dal Consiglio Generale o dal Congresso ogni anno. La Commissione di controllo:

a) esamina periodicamente le operazioni amministrative della Commissione Esecutiva;

b) opera frequenti visite per accertarne l’esistenza di cassa, informandone la Commissione Esecutiva;

c) verifica la situazione finanziaria dandone conto al Consiglio Generale;

d) cura sia dato corso dalla Commissione Esecutiva a tutte le deliberazioni del Consiglio Generale;

e)sorveglia lì applicazione dello Statuto, dei regolamenti e l’osservanza di tutte le disposizioni emanate dal Consiglio Generale da parte della Commissione Esecutiva;

f) cura che le spese siano nei limiti del preventivo e dà il proprio voto su tutte le spese di carattere straordinario o eccezionale non comprese nel preventivo, sotto la propria responsabilità;

g) attende all’impiego dei fondi ed alla conservazione del patrimonio.

La Commissione di controllo assiste alle sedute della Commissione Esecutiva senza diritto di voto. Rilevando trascuranze o irregolarità, ne riferisce immediatamente alla Commissione Esecutiva od al Consiglio Generale, che potrà convocare espressamente per gli opportuni provvedimenti.

Vi sono inoltre parecchie Commissioni corrispondenti per lo più ai vari servizi cui provvede la Camera del Lavoro. Nelle grandi e medie Camere bene organizzate, ogni servizio ha la sua Commissione speciale, nelle altre invece vi sono uffici che hanno nello stesso tempo parecchie incombenze cui provvede in alcune Camere la stessa  segreteria.

1-Commissione arbitrato: ha per iscopo di studiare le vertenze, autorizzare e impedire movimenti, appianare controversie fra capitale e lavoro, risolvere eventuali divergenze tra soci e le sezioni.

2- Commissione di studio e di propaganda: ha l’incarico di curare lo sviluppo delle sezioni e di promuovere nuove organizzazioni, di studiare le iniziative, di dirigere le agitazioni e di organizzare le manifestazioni.

3- Commissione per l’istruzione: cura il regolare  funzionamento della biblioteca circolante, della sala di lettura, della scuola serale, del corso di conferenze e propone i mezzi per dare incremento all’istruzione dei soci.

4- Ufficio di consulenza medico-legale: presta gratuitamente l’opera propria  a tutti i soci, fornendo consigli nelle questioni di lavoro, negli infortuni e assistendoli nelle vertenze.

5- Ufficio di collocamento: provvede alla mediazione gratuita del lavoro.

6- Ufficio di statistica: raccoglie le notizie sul lavoro e in genere tutte quelle che possono interessare l’organizzazione e la classe operaia.

Riassumendo, le attribuzioni della Camera del Lavoro sono attribuzioni di carattere generale. La cerchia di queste attribuzioni può essere ingrandita a volontà. Compete alla Camera di sorvegliare alla retta applicazione delle leggi sociali,  di disciplinare le elezioni dei probiviri operai, di delegare i propri rappresentanti  nelle varie Commissioni di studio, di divulgare i principi della previdenza e della cooperazione, di interessarsi dell’igiene, delle abitazioni operaie, dell’emigrazione, di fare inchieste, ecc. Nessun problema di politica locale le è estraneo.

Di regola i membri delle varie Commissioni non sono indennizzati per l’opera da essi prestata, salvo la  rifusione delle spese in caso di speciali incarichi. Avviene talvolta che per rendere più efficaci taluni dei servizi sopra enumerati, le Camere  si consorzino con altri istituti che provvedono a servizi della stessa natura. Il numero e la qualità dei servizi di  cui una Camera può disporre, dipendono essenzialmente  dalla sua potenza finanziaria, perciò è da sconsigliarsi la creazione di piccoli organismi. Una Camera per provincia dovrebbe bastare, a condizione, naturalmente, che si istituiscano delle succursali nei principali centri di popolazione: ma poiché il  criterio provinciale non potrebbe essere seguito alla lettera, bisogna almeno procurare  di unificare il meglio che si può per non disperdere inutilmente le forze”.