Date: 12/10/2006
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POST-ORVIETO . DEDICATO A D’ALEMA di RINO FORMICA Il mito dell’Unità produce disastri ---- Caro direttore, pochi giorni fa il Riformista ha pubblicato un’interessante intervista del vecchio leader comunista spagnolo Carrello. In un passaggio trovo una informazione da approfondire: Luigi Longo negli anni '80 avrebbe confessato allo stesso Carrello che il Pci mantenne i legami con il Pcus e incassò i suoi contributi finanziari per mantenere << l’unità del Pci >>. Da questa giustificazione –verità emergerebbe che il Pcus poteva finanziare una scissione e che questa lacerazione poteva essere larga e profonda. Se il Pci dovette subire un ricatto così pesante , pur operando in un Paese libero, vuol dire che nei comunisti italiani dalla base al vertice non vi fu mai aperta e chiara lotta politica intorno al tema sulla natura socialista del comunismo sovietico. Ma ci indica anche un’altra cosa che non riguarda il passato e che invece attiene al presente: ciò che fa forte , ciò che resta della grande realtà vivente del Pci non è il vigore del suo rinnovamento ideologico, ma la potenza del mito irrazionale dell’unità. D’Alema al seminario di Orvieto era consapevole della povertà i elaborazione culturale unitaria che anima il progetto del Partito democratico , e ha voluto prendere in mano la bandiera della Cosa 3 agitando lo straccio del mito unitario. Il punto più alto del virtuosismo lo ha raggiunto quando ha spiegato da vecchio <<centrista>> che senza le ali non si vola. Ma nel Pci il centrismo di Togliatti fu virtù per la sopravvivenza , nei Ds il centrismo di D’Alema è virtuosismo per illudere. Nella mia lunga esperienza di vita politica ho imparato che chi scarta l’ostacolo va fuori gara. Vorrei , infine, dare un senso a questa lettera che aggancia l’affermazione di Longo con quella di D’Alema. Longo per salvare le radici della “giraffa” comunista italiana pagò un prezzo, D’Alema per salvare un ceto dirigente è pronto a pagare il prezzo di spargere il sale sul terreno dove è cresciuta la storia del socialismo e della sinistra italiana. In questa settimana la cultura della sinistra deve dire la sua , se è ancora in condizione di farlo. Se in quella vasta area della cultura di sinistra , che vantò una superiorità egemone , vi sarà rassegnazione e passività, vorrà dire che il futuro del Partito democratico non sarà ispirato dalla fusione tra riformismo cattolico e riformismo post-comunista, ma segnerà la strada della resa a un doroteismo senza principi e senza anima. Però è più facile portare alla resa i generali che convincere i soldati a consegnare le armi. Nessun trattato è un patto tra eguali. Chi firma può anche rispettarlo per mantenere l’onore, ma chi non firma e dovrebbe eseguire, potrebbe trovare l’onore sulla via della ribellione. Così avvenne con Cosa 2. Insistere mi pare che non sia un bel capire !
[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]