Date: 11/10/2006
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Il presidente della Camera pensa di riunificare Rifondazione con il resto dell’area alternativa: «I veri riformisti siamo noi» Bertinotti sfida il Pd: ora riuniamo la sinistra ------------------------------------- E nei Ds il correntone lancia l’anti-Orvieto per una mozione socialista con settori della maggioranza di NINO BERTOLONI MELI ROMA Una nuova forza politica a sinistra del nascituro partito democratico. Il dopo Orvieto è già cominciato. Com’era prevedibile, più va avanti il progetto ulivista di mettere insieme i vari riformismi rappresentati da Ds e Margherita, più si vanno organizzando tutti quelli che non ci stanno. Azione e reazione. Ma come non è stato facile arrivare a Orvieto, così non è altrettanto facile mettere insieme le varie anime della sinistra alternativa, per natura più propensa alle divisioni che alle unioni. Rompe gli indugi Fausto Bertinotti. Assisosi sull’alto scranno di Montecitorio, non gli è facile guidare come dovrebbe il processo, Fausto il rosso e non altri sarebbe il federatore riconosciuto, ma da presidente della Camera gli tocca frenarsi, e comunque non può gettarsi direttamente nell’agone. Può spezzare una lancia, questo sì, può spingere, incitare, favorire. «Bisogna costruire un soggetto politico nuovo», scandisce Bertinotti dai microfoni di ”Otto e mezzo”. E spiega, il leader istituzionalizzato, di considerare più o meno fatto il partito democratico, anche se non ha risolto al suo interno i problemi di cultura riformista. Bertinotti, anzi, non considera neanche riformista il nascituro Pd, «non vedo lì una cultura riformista, c’è anzi il problema di una ridefinizione di questa cultura». Chiaro il messaggio: il ”nuovo soggetto” a sinistra del Pd non dovrà nascere per agitare antiquati comunismi o per chiamare a raccolta tutti gli scontenti o per rifondare ancora una volta la dottrina. La sfida avrà da essere sul terreno riformista, proprio quello del Pd, in aperta competizione quindi. «Alla tendenza del Pd non si può rispondere dicendo ”traditori, scissionisti”, ma bisogna costruire un soggetto politico nuovo che, diversamente da questo riformismo che non ha risolto il problema del dove andare, sappia proporre un obiettivo futuro». La sfida è lanciata. Il tentativo è di agganciare tutta quell’area fuori Rifondazione che è in sofferenza rispetto al Pd e che sta cercando punti di contatto, convergenze, alleanze, sbocchi. Per il momento l’onda d’urto è arrivata dentro Rifondazione, dove si è aperta in direzione una discussione profonda sul che fare. Si fronteggiano due linee: quelli che vorrebbero fare del Prc il partito-catalizzatore di quanti fuoriescono dall’orbita del Pd; l’altra linea punta a rifondare la sinistra mettendo in gioco la stessa Rifondazione. Spiega Alfonso Gianni, sottosegretario ed ex uomo ombra di Bertinotti: «Si sta realizzando nella pratica la tesi delle ”due sinistre”, il Pd da una parte e gli ”alternativi” dall’altra. Il Pd lo faranno, ormai è chiaro, e noi non possiamo scimmiottare il Pci che aveva i satelliti, dobbiamo scongelarci, mettere insieme tutte quelle forze che chiamo del ”riformismo rivoluzionario”, in aperta competizione con il Pd, non dividendoci a priori le zone d’influenza». Uno scongelamento è nelle cose. Nei Ds si annunciano le maggiori novità. Le tre minoranze di sinistra (Mussi-Salvi-Bandoli) stanno lavorando a una ”anti-Orvieto” da tenere magari nella stessa città umbra (finora è solo un’ipotesi), varare lì un contro Manifesto e decidere il che fare in vista del congresso della Quercia. L’obiettivo è più ambizioso: tentare di raccogliere in un’unica ”mozione socialista” tutti quelli che non vogliono lo sganciamento dal Pse in Europa e la cancellazione, come dicono, della sinistra. Raccontano di «parlottii» di Salvi e Mussi con Angius, Spini, Caldarola («Non voterò la mozione Fassino-D’Alema», annuncia già quest’ultimo). In più di un parlottio è risuonato il nome di Cofferati, che più d’uno pensa, o sogna, di annoverare alla causa. Sicuramenmte pezzi di Cgil vengono considerati alla portata. Un lavorio che creerebbe problemi dentro la maggioranza pesarese di Piero Fassino e Massimo D’Alema, anche se segretario e presidente non perdono giorno per rinnovare appelli all’unità, «nel Pd vogliamo portarci tutto il partito».
[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]