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Partito democratico, Prodi ci crede Ma il Correntone lo snobba / La Padania

Date: 08/10/2006
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Partito democratico, Prodi ci crede Ma il Correntone lo snobba ---- Andrea Indini -------------------------------------------------------------------------------- Orvieto - Il partito democratico si farà. Come e da chi non è ancora del tutto chiaro. Il seminario di Orvieto, fortemente voluto dal premier Romano Prodi per lavorare alla creazione del nuovo soggetto politico, dimostra il flop di un progetto che non otterrà mai l’appoggio di tutta la coalizione guidata dal Professore. La partecipazione della Quercia, della Margherita e di una piccola parte della società civile invitata al dibattito non ha saputo spazzare via i dubbi emersi nelle ultime due settimane. «Una riunione molto positiva». Il Professore è soddisfatto. Almeno, così dice. «Abbiamo trovato delle grandi linee in comune e dobbiamo costruire su queste il nuovo partito democratico - spiega il presidente del Consiglio - vedremo se le conclusioni saranno coerenti con queste premesse». Prodi parla di «una grande, grande convergenza», di «segnali positivi» rispetto ai freni dei mesi scorsi. L’elezione del presidente e dell’assemblea costituente dovrebbero tenersi entro la fine del 2007 e l’inizio del 2008, ma i temi elencati nel documento (elaborato dopo una discussione che ha visto impegnati un centinaio di partecipanti e 46 interventi) devono essere ancora stilati. Nell’aria una forte incertezza. Eppure il ministro della Difesa Arturo Parisi riesce ad applaudire la presenza di «esponenti politici di primo piano che hanno nella loro storia appartenenze con tutti i nomi del campo democratico, dai liberali ai socialisti, dai comunisti ai democristiani». In realtà, in quel di Orvieto, le assenze sembrano pesare maggiormente rispetto alle presenze. A dare forfait i veri detrattori del Partito Democratico, Fabio Mussi e Cesare Salvi, i “ribelli” diessini che si son rifiutati di partecipare al dibattito organizzato dal Professore. L’assenza del Correntone è stata ricordata «con dispiacere» dal capogruppo dell’Ulivo a Palazzo Madama Anna Finocchiaro che ha invitato i “dissidenti” ad «abbandonare diffidenza e reticenza». Prodi e compagni però sono ottimisti. Anche secondo il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, il Partito Democratico potrebbe essere l’occasione per «unirci e ridare tessuto sociale»: «Altrimenti perderemo consenso e rischiamo di rivivere una situazione simile ai primi anni Novanta». Sul nodo cattolico, l’ex esponente socialista ribadisce sul fatto che «continuare a sostenere che laico è lo Stato che esclude la religione dal dibattito pubblico è come fare lotta di classe contro un padrone che non c’è più». Il grande gala ulivista procede da copione: dal titolare della Farnesina Massimo D’Alema al vicepremier Francesco Rutelli, passando per tutti i big ulivisti (Piero Fassino, Walter Veltroni, Rosy Bindi). Tutti a Orvieto per rendere omaggio. Il ministro Bindi parla di «una nuova famiglia», mentre Rutelli pensa alla «leva del cambiamento del Paese e delle sue istituzioni». Tutti contenti. Ininfluente se il Correntone si è dato malato, se la sinistra radicale storce il naso e se qualche (simpatizzante) centrista parla di «matrimonio combinato». Non c’è tempo per le polemiche. Eppure anche il ministro degli Esteri sembra crederci: «Ho sentito parlare di teste e di voti: in questo momento, credo siano importanti solo le teste. C’è bisogno di testa e di cuore. I voti verranno dopo». L’accelerazione, tuttavia, arriva dal capogruppo dell’Ulivo a Montecitorio, Dario Franceschini. «Non saremo perdonati per i nostri egoismi e le nostre mediocrità, arrivare al traguardo dipende solo da noi», spiega ricordando, comunque, che una delle ragioni più urgenti da affrontare sia «la stabilità di questa coalizione». Secondo Franceschini, in Europa, «la questione non è dentro o fuori il Pse: la nascita in Italia di una forza del 30 per cento guidata dal premier costringerà anche le forze europee a cambiare, nessun nostro elettore ci perdonerebbe se non partissimo solo perché non sappiamo qual è l’approdo finale». Il ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, individua invece la bussola per il Partito Democratico nell’affrontare e risolvere con «un impegno comune» i problemi che si incontrano. Non mancano i malumori. Così, se Felice Belisario coordinatore nazionale Italia dei valori parla di «stupendo caleidoscopio in cui guardare, su cui discutere, da usare come strumento elettorale, ma che alla fine ognuno pensa di creare a suo uso e consumo», il deputato Luciano Pettinari, stretto collaboratore di Salvi, vede nell’iniziativa di Orvieto «un’accelerazione anomala nel processo di costruzione del soggetto politico». Andrebbe bene, invece, la proposta avanzata da Prodi di tenere parallelamente il congresso di Ds Margherita in primavera. Ma in quelle occasioni le minoranze andrebbero a sostenere idee diverse. Insomma, sugli appuntamenti primaverili c’è sintonia, sul progetto del partito unico no.

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