Date: 03/10/2006
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Partito democratico, la sinistra Ds: «Noi non ci saremo»------------ Wanda Marra----------------- Le minoranze Ds non andranno al seminario di Orvieto sul Partito democratico. Un «no» secco al nuovo soggetto politico, che dopo le contrarietà espresse ripetutamente negli ultimi mesi, assomiglia proprio a uno stop definitivo. E la decisione nella maggioranza crea dispiacere e amarezza, anche se i toni rimangono pacati. E se nessuno ancora parla di scissione del partito, l´impressione è che qualcuno cominci a guardarsi intorno. La decisione di disertare Orvieto è stata ufficializzata lunedì in un documento, firmato dai 43 esponenti delle minoranze Ds (Correntone di Mussi, area Salvi, sinistra ecologista della Bandoli). «Non possiamo accettare che gli stati maggiori si facciano interpreti, senza chiare verifiche democratiche, della volontà popolare, e in nome e per conto dei militanti e degli elettori, procedano alla fusione tra Ds e Margherita - si legge nel documento - non possiamo accettare che nasca un partito che non contenga, né nel nome né nel simbolo, le parole "sinistra" e "socialismo"». Contestazioni di metodo e di merito, insomma. Che si appuntano soprattutto sul fatto che non ci sia stato un congresso a dare mandato ai Ds di dar vita al Partito democratico. «Chiediamo che si arrivi a un congresso, nel quale poter proporre una nostra alternativa al pd», dice infatti Piero Di Siena. Che, a livello personale, in caso di esito negativo, si dice molto interessato all´esperienza di Uniti a sinistra, e al suo percorso di arrivare a un soggetto unico di sinistra. Chi non ha nascosto in questi ultimi mesi la sua propensione verso la sinistra radicale è stato Cesare Salvi, presenziando anche ad alcune manifestazioni, come la chiusura della Festa nazionale di Liberazione. «Ad Orvieto ci saranno 500 invitati, che dovrebbero ascoltare e prendere atto di quello che tre professori hanno escogitato 4-5 persone hanno deciso prima senza un coinvolgimento democratico effettivo», denuncia il senatore Salvi. Anche Giorgio Mele ribadisce la contrarietà delle minoranze al Pd. Mentre Fulvia Bandoli spiega: «L'eventualità che scompaia in Italia la forza più significativa che si richiama al socialismo e alla socialdemocrazia europea dovrebbe portare ognuno di noi a ridefinire le proprie posizioni». E fa riferimento a uno dei temi più dibattuti: ovvero l´eventuale futura appartenenza o meno del nuovo partito al Pse. «Ritengo che sia tempo di dire che la questione dell' appartenenza al socialismo europeo è una precondizione», dichiara. Ed è tagliente: «Non si può parlare di scissioni, quando non c´è più un soggetto da cui scindersi». E Katia Zanotti spiega la scelta di non andare a Orvieto come «una messa a punto di politica e pensiero». Le reazioni della maggioranza della Quercia sono affidate a Migliavacca, coordinatore della segreteria Ds: «È singolare che non si intenda partecipare al seminario di Orvieto che è la prima sede di discussione comune sulle prospettive dell'Ulivo e del partito democratico promossa da Romano Prodi». «Il seminario - ci tiene a precisare- è l'avvio di un percorso che ha visto in campo l'Ulivo nelle ultime tre consultazioni elettorali e che per quanto riguarda i Ds li ha visti impegnati in una discussione che ha coinvolto gli iscritti negli ultimi due congressi». Si tratta di «un avvio». E conclude: «È del tutto evidente che quando ci sarà una proposta concreta saranno gli iscritti a decidere». Intanto, in ambienti vicini al segretario si parla di «dispiacere» per l´accelerazione data dalle minoranze, mentre le intenzioni erano di portare tutti dentro a un processo. Ma si dice, le minoranze «hanno deciso di chiudere la porta prima ancora che si cominciasse», mentre non c´era un percorso già scritto. Dal canto suo Fassino dialoga a distanza con le minoranze, pur senza risponder loro esplicitamente, mentre si rivolge a Gusenbauer: «Il risultato delle elezioni che ha portato la Spoe ad essere primo partito in Austria, è motivo di gioia e soddisfazione per tutti noi e dimostra ancora una volta la forza e la vitalità del tuo partito e del socialismo democratico europeo». «Il Partito Democratico è il futuro verso cui bisogna lavorare», ribadisce anche il Ministro Giovanna Melandri. Ma le perplessità nei Ds verso il nuovo soggetto non arrivano solo dalle minoranze, ma anche da autorevoli esponenti della maggioranza. Se non è nel Pse «non aderirò al partito democratico», avverte Caldarola, spiegando: «I gruppi dirigenti dei partiti che hanno convocato la convention di Orvieto devono rendersi conto che il tema dell'affiliazione internazionale, la minaccia di una scissione all'interno dei Ds, il rischio che il partito democratico sia la sommatoria di partiti personali, costituiscono un elemento di totale impraticabilità della strada intrapresa». E anche Zingaretti, capogruppo dei Ds a Strasburgo dice: «Nell'era della globalizzazione, sarebbe folle pensare ad una forza politica isolata nel mondo e in Europa. Su questo, dispiace che rispetto al Pse prevalgano paure e si continuino a dare risposte un pò ideologiche». Intanto Carlo Leoni replica per le minoranze a Migliavacca: «Nella nostra scelta di non partecipare al seminario di Orvieto non c'è "rifiuto del confronto": è dentro i Ds e con gli iscritti che sul Pd il confronto non c'è mai stato. Non è vero che su questo ci sono già stati due congressi: in quei congressi nessuno ha mai posto il tema dello scioglimento dei Ds». «Nell'ultimo congresso quando la minoranza parlava di rischio che la lista unitaria portasse al partito democratico i sostenitori della mozione Fassino negavano e replicavano sdegnati che si trattava di un processo infondato alle intenzioni», chiosa anche Gloria Buffo.
[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]