Date: 02/10/2006
Time: 21.20.41
Remote Name: 87.9.120.39
Remote User:
Partito democratico doppia sfida dei Popolari --------- CLAUDIO SARDO «Vogliamo essere padroni di casa nel nuovo partito alla pari degli altri». I cattolici-democratici, ha scandito Pierluigi Castagnetti, alla pari dei social-democratici e dei liberal-democratici. Dopo cinque anni di silenzio i Popolari sono tornati a riunirsi a Chianciano, ritrovo storico della sinistra dc. E hanno lanciato una doppia sfida. Ai Ds, ponendo come condizione del Partito democratico la non confluenza nella famiglia socialista europea («Non ci possono chiedere di diventare socialisti - ha detto Franco Marini - noi non vogliamo essere cancellati»). Ma anche a Francesco Rutelli: nel dopo Margherita i popolari non intendono delegare la loro rappresentanza al tavolo, dove si decideranno gli esordi e i primi tratti di cammino del nuovo soggetto politico. A Chianciano sono arrivati in tanti. Oltre 1300 partecipanti registrati. Pierluigi Castagnetti ha fatto il padrone di casa. Franco Marini è rimasto per tre giorni seduto in prima fila. Pietro Scoppola ha anticipato le linee della sua relazione al seminario di Orvieto della prossima settimana (organizzato da Romano Prodi sul Partito democratico). E poi hanno preso la parola Ciriaco De Mita e Rosy Bindi, Sergio Mattarella e Guido Bodrato, Paola Binetti e Leopoldo Elia. Fino alla tavola rotonda conclusiva, ieri mattina, con Dario Franceschini, Enrico Letta e Beppe Fioroni, la «nuova generazione» investita del mandato di rappresentare unitariamente quella platea. Non una sola leadership ma un «tridente», ha spiegato Marini. Perché non ci sarà battaglia al prossimo congresso della Margherita: i popolari non ritireranno la fiducia a Rutelli. Ma il post-Margherita è iniziato e nel Partito democratico i popolari promettono di giocare in proprio. Stimando la loro forza nel 70% dell'attuale Margherita. Rutelli si è presentato a Chianciano sabato mattina. E ha affrontato a viso aperto la platea. Ha detto che «il noi più utile per entrare nel Partito democratico non è tanto la compatezza dei cattolici-democratici quanto la forza della Margherita». E ha chiesto a Marini e Castagnetti di non indebolire il partito e la sua leadership. Rutelli ha anche ricordato ai popolari che non possono neppure pretendere una rappresentanza di tutti cattolici del partito. Che, al tempo del referendum sulla fecondazione assistita, è stato lui (e non alcuni dirigenti popolari) a mettersi in sintonia con il 75% del popolo italiano scegliendo l'astensione. E che, sempre grazie a lui, «un anno è stata bloccata la convergenza immatura nella lista unica» dell'Ulivo. Anche Rutelli però è sembrato muoversi già nel post Margherita. La sfida dei popolari, in fondo, è posta fin dal momento in cui il convegno è stato convocato. E dalla parte di Rutelli c'è il vantaggio che quel «tridente» testimonia problemi ancora non risolti nell'area dei suoi competitori. Franceschini, Letta e Fioroni, a dire il vero, ieri si impegnati a dare una conclusione unitaria al convegno: il Partito democratico è un processo ormai irreversibile; i cattolici devono essere co-protagonisti, dunque visibili; un partito nuovo dovrà avere anche in Europa un contenitore nuovo («Ed è bene - ha aggiunto Franceschini - che anche Prodi si dia da fare, dal momento che i governi contano molto in queste trattative»). Tuttavia, le differenze non mancano. Ecco un passaggio di Letta: «Mi auguro che i cattolici non solo contino, ma guidino il Partito democratico. Però, se debbo immaginare correnti future del Pd, immagino che nella mia corrente ci sia un uomo come Bersani». E un passaggio di Fioroni: «Il Partito democratico sarà un soggetto riformista e moderato. Dovrà espandersi al centro, non certo a sinistra». Elementi di contraddizione possono essere poi le diffidenze e le resistenze, manifestate soprattutto nella giornata di sabato, nei confronti dell'«ineluttabile» approdo nel Pd. Le più argomentate, e applaudite, sono state quelle del Ciriaco De Mita. Che ha suggellato comunque la sua sintonia con gli organizzatori di Cianciano quando ha detto: «Abbiamo due partiti e cerchiamo di farne uno. Ma attenti alla fretta, perché rischiamo di ritrovarci con tre partiti». Il ritorno dei popolari, insomma, è comunque in agenda. «Vogliamo porre una questione democratica a tutto l'Ulivo - ha detto in un altro applauditissimo intervento Rosi Bindi - e non dimentichiamo che la Margherita soffre di una gestione oligarchica». Tuttavia il tandem Marini-Castagnetti, per ora, garantisce unità alla compagine e per questo fa sì che, a differenza di altre iniziative di cattolici nel centrosinistra, dai cristiano-sociali ai teo-dem, la sfida dei popolari sia la sola a mettere in discussione la gerarchia dei poteri nell’Ulivo.
[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]