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Il formulario del compagno Schulz ( Presidente PSE ) / da Europa

Date: 09/09/2006
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Il formulario del compagno Schulz --------- Martin Schulz, dirigente socialdemocratico tedesco e capogruppo Pse, ha avuto una brutta esperienza con l’Italia, si sa. Non deve essersi ancora ripreso dall’essere stato pubblica di Berlusconi, o forse da allora ha dichiarato guerra alla nostra politica. Fatto sta che, interpellato a margine della missione di Fassino per “smuovere” il Pse sul tema della sua autoriforma e allargamento, Schulz non solo s’è dimostrato poco comprensivo, ma ha fornito della socialdemocrazia europea l’immagine più polverosa e burocratica possibile. Se avete mancato il dibattito lanciato da Lloyd, Amato e Giddens («Il socialismo è morto?») che s’è svolto su Repubblica ed Europa, sappiate che tutto è riassunto nella risposta di Schulz a chi gli parla dell’allargamento del Pse: «Non è difficile venire con noi... basta sottoscrivere un form u l a r i o con i nostri valori...». Ecco, un bel formulario è quello che ci vuole. La verità, da ricordare a chi ce la mena qui in Italia con l’ineludibile attualità della socialdemocrazia, è che il compagno Schulz è il perfetto socialista europeo. Cioè il dirigente di una famiglia politica che quando s’è trovata davanti la candidatura di Giuliano Amato come presidente, gli ha preferito un ex sindacalista danese, sostenuto soprattutto dai francesi che oggi fanno barricate contro Ségolène Royal e mettono mano alla pistola se vedono il prefisso liberal con qualsiasi cosa attaccata dopo. E perché Amato venne scartato? Proprio per la colpa di aver pubblicamente invitato nel 2002 (in una lettera firmata però anche da D’Alema e ricordata pochi giorni fa da Enrico Morando su Europa) il Pse a superare se stesso. A riconoscere (alla pari) i riformismi diversi dal proprio. Ad aggiornarsi e trasformarsi, con un’operazione speculare a quella compiuta con successo dal Partito popolare europeo. Questa è la realtà della socialdemocrazia, al di là delle alterne fortune dei partiti nazionali. Anche se oggi non va di moda citarlo (ma c’è stato un tempo che si sgomitava per andare da lui...), è un limite che Tony Blair non ha mai potuto sopportare. E ci sarà un nesso fra questo pervicace conservatorismo e l’inconsistenza della presenza del Pse e dell’Internazionale sulla scena mondiale: ogni volta che viene sgranata la litania delle centinaia di partiti fratelli, colpisce come tutta questa potenza non sposti un solo filo d’erba, da qualche parte. Fassino ha riscontrato a Strasburgo l’indifferenza a qualsiasi ipotesi di autoriforma. Ci ha provato, ma già conosceva questa realtà. Che i Ds non ne vogliano e possano uscire, si può capire. Ma che insistano per far salire gli altri sul carrozzone (prego, questo è il formulario...), non è possibile. ------ Martin Schulz, dirigente socialdemocratico tedesco e capogruppo Pse, ha avuto una brutta esperienza con l’Italia, si sa. Non deve essersi ancora ripreso dall’essere stato pubblica di Berlusconi, o forse da allora ha dichiarato guerra alla nostra politica. Fatto sta che, interpellato a margine della missione di Fassino per “smuovere” il Pse sul tema della sua autoriforma e allargamento, Schulz non solo s’è dimostrato poco comprensivo, ma ha fornito della socialdemocrazia europea l’immagine più polverosa e burocratica possibile. Se avete mancato il dibattito lanciato da Lloyd, Amato e Giddens («Il socialismo è morto?») che s’è svolto su Repubblica ed Europa, sappiate che tutto è riassunto nella risposta di Schulz a chi gli parla dell’allargamento del Pse: «Non è difficile venire con noi... basta sottoscrivere un form u l a r i o con i nostri valori...». Ecco, un bel formulario è quello che ci vuole. La verità, da ricordare a chi ce la mena qui in Italia con l’ineludibile attualità della socialdemocrazia, è che il compagno Schulz è il perfetto socialista europeo. Cioè il dirigente di una famiglia politica che quando s’è trovata davanti la candidatura di Giuliano Amato come presidente, gli ha preferito un ex sindacalista danese, sostenuto soprattutto dai francesi che oggi fanno barricate contro Ségolène Royal e mettono mano alla pistola se vedono il prefisso liberal con qualsiasi cosa attaccata dopo. E perché Amato venne scartato? Proprio per la colpa di aver pubblicamente invitato nel 2002 (in una lettera firmata però anche da D’Alema e ricordata pochi giorni fa da Enrico Morando su Europa) il Pse a superare se stesso. A riconoscere (alla pari) i riformismi diversi dal proprio. Ad aggiornarsi e trasformarsi, con un’operazione speculare a quella compiuta con successo dal Partito popolare europeo. Questa è la realtà della socialdemocrazia, al di là delle alterne fortune dei partiti nazionali. Anche se oggi non va di moda citarlo (ma c’è stato un tempo che si sgomitava per andare da lui...), è un limite che Tony Blair non ha mai potuto sopportare. E ci sarà un nesso fra questo pervicace conservatorismo e l’inconsistenza della presenza del Pse e dell’Internazionale sulla scena mondiale: ogni volta che viene sgranata la litania delle centinaia di partiti fratelli, colpisce come tutta questa potenza non sposti un solo filo d’erba, da qualche parte. Fassino ha riscontrato a Strasburgo l’indifferenza a qualsiasi ipotesi di autoriforma. Ci ha provato, ma già conosceva questa realtà. Che i Ds non ne vogliano e possano uscire, si può capire. Ma che insistano per far salire gli altri sul carrozzone (prego, questo è il formulario...), non è possibile.

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