Date: 03/09/2006
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Pistelli a Fassino: parlare ora di Pse vuol dire ammazzare il progetto comune ---------- di BARBARA JERKOV --------- ROMA - «Prenotare oggi l’approdo in Europa del partito democratico equivale ad ammazzare l’operazione in Italia». Parla chiaro Lapo Pistelli, capo delegazione della Margherita all’Europarlamento: «E’ opportuno invece che il partito democratico parta al più presto e al meglio in Italia», spiega, «perché se si fa bene saremo tutti ambasciatori di un’operazione che può interessare l’Europa». L’altra sera, parlando alla Festa dell’Unità di Pesaro, Piero Fassino ha detto che per il nuovo partito unitario c’è solo l’approdo nel Partito socialista europeo, e che non è colpa sua se la Margherita in Finlandia non esiste. Vuole rispondergli, onorevole Pistelli? «Negli ultimi dieci, quindici anni abbiamo avuto diverse questioni anomale italiane che hanno cercato una loro risoluzione in Europa. Penso all’anomalia del fattore K con la lunga transizione del Pci verso l’Internazionale socialista e al tentativo di sdoganamento di Forza Italia nel Ppe». La premessa per dire? «Per dire che il nostro vantaggio non è cercare di sanare un’anomalia italiana in Europa infilandoci nei contenitori esistenti, ma cercare di spiegare ai nostri interlocutori europei la novità che stiamo facendo in Italia». Un rovesciamento d’approccio, giusto? «Esattamente». Ma perché la collocazione europea è così importante? In definitiva, non si potrebbe dire chissene importa? «Ma infatti, la collocazione europea del partito interessa un decimo di quello che interessa l’attività del Parlamento europeo». E perché? «Perché questa è l’unica cosa che in realtà ha un effetto su decisioni politiche vere. Ecco la ragione per cui io credo vi siano due strade da percorrere, anche temporalmente diverse. Un conto è cosa farà il partito democratico nel Parlamento europeo, e altro sarà il tema del contenitore politico, cioè del partito tout court». In concreto? «In fondo anche oggi esistono in Italia gruppi unici alla Camera e al Senato, ma il partito unico non c’è ancora. Analogamente, bisognerà lavorare nell’Europarlamento del 2009 per arrivare a un obiettivo equivalente a quello che c’è già in Italia, ovvero un rapporto strutturato forte fra il gruppo liberaldemocratico e quello socialista. Il lavoro sui contenitori politici è più lontano nel tempo e richiede innanzitutto di interrogarsi prima sulla funzione di questi partiti». Sta esprimendo dubbi sulla loro utilità? «Mi pare vi sia dentro tutto e il contrario di tutto. Prenda le due vicende più rilevanti degli ultimi anni, guerra in Iraq e Costituzione europea. IL Pse si è diviso su entrambe. Allora è così interessante questo contenitore? E’ grosso, questo sì, ma vogliamo andare a vederne le contraddizioni? Cominciamo piuttosto a scardinare i contenitori che ci sono». Non sarà che i futuri democratici italiani aspettano l’arrivo dei democratici americani per spianare la strada alla collocazione internazionale del nuovo partito? «Non mi sembra però che i democratici americani abbiano mai fatto richiesta di adesione al Pse. Una ragione ci sarà».
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