Date: 21/07/2006
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UN’INTERVISTA DEL SEGRETARIO DS SCATENA LE PROTESTE DELLA MARGHERITA. E ANCHE VELTRONI PRENDE LE DISTANZE------ «Rutelli entri nel Pse», è bufera su Fassino 21/7/2006 ----------- di r.i.------ Il vice premier Francesco Rutelli ROMA. Un paragone forse azzardato, un «forum» con «Il Riformista» - cioè il giornale più interessato alla nascita di un nuovo soggetto politico a sinistra - e una situazione politica resa incandescente dalle tensioni con l’ala radicale dell’Unione. In un contesto così una frase del segretario Ds, Piero Fassino, ha riaperto ieri una frattura tra la Quercia e la Margherita sull’annoso tema del Partito democratico. Con l’aggiunta di qualche intervento non proprio in difesa del leader diessino anche dall’interno dei Ds, come quello del sindaco Walter Veltroni che ieri in serata, dal palcoscenico di una Festa dell’Unità, ha consigliato a tutti la strada che ha sempre creduto vincente: fare come il partito democratico Usa. Tutto è nato da questo passaggio del colloquio di Fassino: «Se Fini, che non è democristiano, non ha problemi ad andare nel Ppe, non si capisce perché i riformisti della Margherita, con tutta la diversità della loro storia, debbano averne per entrare nel Partito dei socialisti europei. Non vogliamo imporlo a nessuno, ma quello del Pse è l’approdo naturale di tutto il partito democratico». Un giudizio che ha fatto andare su tutte le furie il vicepremier Francesco Rutelli. «E’ un boomerang, non è così che si fanno passi avanti verso il Partito democratico», ha detto ai suoi. Il ministro dei Beni Culturali ha evitato di scendere direttamente in campo, ma ha mandato avanti tutto il partito. In un pomeriggio che si è arroventato sempre più, ha incominciato il coordinatore della Margherita Antonello Soro, secondo il quale l’intervista di Fassino è «sconcertante» perché «tira il freno a mano in corsa sul Partito Democratico». A quella prima nota è seguita una raffica di prese di posizione, da Gianni Vernetti a Lapo Pistelli, fino a Pierluigi Castagnetti, che ha sentenziato: «Il paragone con An è offensivo». Per aggiungere che non è affatto obbligatoria la adesione a una famiglia del nuovo soggetto politico, in quanto «il partito democratico americano non sta in nessuna famiglia e così Kadima». Nel confronto si è inserito persino uno dei «padri» dell’Ulivo di Romano Prodi, cioè il ministro Arturo Parisi, secondo il quale «il vino nuovo ha bisogno di otri nuovi». E quanto all’analogia con An, ha spiegato: «Se Fini, che non è democristiano, non ha problemi, è proprio perché il Ppe non è più il partito dei democristiani europei dei sei Paesi fondatori, ma un partito nuovo nella composizione, nella cultura e nella funzione che è profondamente diverso dalla democrazia cristiana delle origini». Il timore di tutta la Margherita è insomma che l’uscita di Fassino sia stata una sorta di prezzo pagato alla sinistra interna dei Ds, sempre più inquieta anche in relazione alle vicende internazionali e alle voci di un allargamento della maggioranza verso qualche frangia centrista. Naturalmente la segreteria del Botteghini ha fatto quadrato in difesa del leader e per tutti ha parlato Maurizio Migliavacca, che ha invitato gli alleati Dl «a discutere anziché scandalizzarsi». Secondo il dirigente diessino «il Partito democratico può nascere solo da un incontro di diversi riformismi, ma questo non impedisce che si possa realizzare un rapporto politico» proprio con la «principale famiglia politica europea». Più articolato l’intervento, in serata, del sindaco di Roma Walter Veltroni, notoriamente tra i più accesi sostenitori del nuovo soggetto politico a sinistra. Per Veltroni «ci vuole una doppia generosità: da una parte riconoscere che è in atto in Europa una trasformazione dei soggetti politici. Il Ppe, credo che questo volesse dire Fassino, non è quello di Adenauer e di De Gasperi, ma è diventata la casa di un centrodestra che si è notevolmente trasformato». Poi ha aggiunto, pensando all’insofferenza Dl: «La seconda generosità - ha proseguito Veltroni - è di chi non pensa che si può solo aderire al Pse, stante la casa così com'è». E ha riconosciuto che il «Partito democratico non può essere un’annessione», in quanto non ci deve essere alcune rivincita ma deve nascere un «contenitore di tutte le forze democratiche e riformiste che sono più di quelle socialiste, basti pensare ai democratici Usa».
[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]