Date: 28/06/2006
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Cronache d' insoddisfazione socialista Blair, Zapatero e Fortuna non bastano più -------- • da Il Riformista del 28 giugno 2006 -------- di Tommaso Labate Cronache rosapugniste nel mese VIII dalla costituzione della forza «laica, socialista, liberale e radicale» battezzata nel segno di Blair, Zapatero e dell'indimenticata doppiatessera di Loris Fortuna. Tre nobili richiami al patrimonio culturale - passato e recente - dei radicalsocialisti che da soli non bastano a mettere d'accordo radicali e socialisti. E’ soprattutto in casa boselliana che sta emergendo una piccolissima minoranza che si oppone all'ipotesi di continuare il percorso con la truppa pannelliana. A tutti quelli che ipotizzano lo scenario di una scissione, sulla falsariga di quello che potrebbe accadere tra i Ds alla prese con la costruzione del partito democratico, Roberto Villetti risponde con un sorriso: «Scissione? Non vedo il pericolo. E poi, parliamoci chiaro, le nostre sono sempre scissioni dell'atomo...». Inoltre, nemmeno un mese fa, sia lo Sdi che i radicali hanno ratificato in separate sedi la scelta rosapugnista. Mettendo in conto, come sottolinea il veterano Villetti, che «in processi politici che nascono dalla confluenza di più forze, due più due fa sempre tre. Quindi, qualche pezzo lo si perde sempre». Si va avanti dunque, con piena coscienza delle tante difficoltà di una convivenza che potrebbe essere tutt'altro che pacifica. Soprattutto a causa di un piccolo grande problema politico-antropologico che separa le due famiglie. Cioè quello di coniugare lo stile politico istituzionalista degli eredi del garofano e quello movimentista della real casa pannelliana. Stili assolutamente inconciliabili? Non secondo Giacomo Mancini junior, reduce dall’unico successo elettorale della Rosa (primo partito alle ultime amministrative di Cosenza). Per "l'erede", «la Rosa nel pugno ha il merito storico di essere stata determinante per la vittoria del centrosinistra alle elezioni di aprile. E’ un'esperienza positiva che dobbiamo portare avanti con convinzione lavorando insieme agli amici radicali perché diventi l'approdo non solo di tutti i socialisti, ma anche di altre culture laiche e liberali». Segue esempio. «Ma lo sa - aggiunge Mancini - che anche il figlio di Riccardo Misasi (storico esponente della sinistra De, ndr) ha aderito alla Rosa nel pugno?». Eppure c'è chi frena. All'ultima direzione dello Sdi si sono astenuti in quattro. Tra questi anche l'ex presidente della Bnl Nerio Nesi, rientrato in un partito socialista dopo qualche anno di militanza nei Comunisti italiani. «Sono tornato nello Sdi - racconta Nesi al Riformista - soprattutto per ragioni sentimentali. Nel nome stesso dei "Socialisti democratici italiani" rivedevo quel partito socialista in cui avevo militato per trent'anni. Oggi purtroppo mi sembra di essere iscritto al partito radicale». E poi, continua, «ho sentito da Marco Pannella una frase che mi ha molto amareggiato. Pannella ha detto: "Non ho mai condiviso nemmeno una delle posizioni di Riccarco Lombardi". Ma si rende conto che per me Lombardi era come un padre?». Nesi giura che non abbandonerà lo Sdi, ma rimane critico. «Stando a Torino vedo che il partito è concentrato soprattutto sui pacs e la pillola abortiva. Sono battaglie dei radicali, che anch'io condivido, naturalmente. Ma non possono essere queste le priorità di un partito socialista, che dovrebbe pensare ai sacrifici di milioni di persone. Almeno è quello che mi hanno insegnato sin da ragazzo». Strano ma vero: non c'è solo il sogno di ricomporre la «diaspora socialista» in cima a tormenti dei perplessi. Sul Riformista, Cesare Marini, partendo dall'analisi del «flop» della Rosa, ha invitato Boselli& co. a guardare al «partito democratico» e a non liquidare la «questione cattolica». Più o meno dello stesso avviso è Claudio Signorile, secondo cui la Rosa nel pugno si trova di fronte a una scelta obbligata: «O diventa un interlocutore del partito dei riformisti o non ha più senso andare avanti». Secondo Signorile, «non si tratta solo del fallimento elettorale. E’ soprattutto il collasso della nostra proposta politica che ci dovrebbe preoccupare».Anche se focolai di dissenso si intravedono qua e là sul territorio nazionale, i Socialisti democratici italiani vanno avanti nel solco Blair-Zapatero-Fortuna. Senza distogliere lo sguardo dal partito democratico. «Un dibattito al quale sia noi che i radicali abbiamo intenzione di partecipare», sottolinea Villetti. E poi, quello di trasformare l'internazionale socialista in Internazionale democratica non era un vecchio pallino di un certo Bettino Craxi?
[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]