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Pertini, Interventista nel Solco Costituzionale / Corriere della Sera

Date: 13/05/2006
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Pertini, Interventista nel Solco Costituzionale Pertini è stato uno straordinario personaggio, se con questa parola intendiamo una personalità molto caratterizzata, molto singolare e poco paragonabile ad altre. Lo è stato per temperamento, ed era effettivamente un uomo di impetuoso e caloroso temperamento, in cui non c’era nulla della freddezza dell’uomo politico che si controlla. Era impulsivo e nello stesso tempo era portatore di grande comunicatività sul piano personale e umano. E poi era l’uomo della grande storia che si portava dietro e che era inseparabile dagli eventi cui si richiamava: la storia dell’antifascismo e della Resistenza. In quella storia lui è stato il personaggio - se si può dire - più rappresentativo della partecipazione dei socialisti italiani, il più eroico, quello che ha avuto le più pesanti condanne al carcere e al confino. Il suo settennato da presidente si può definire come ricerca felice e coronata dal successo di un rapporto finalmente più diretto e più schietto tra la più alta istituzione della repubblica e il popolo, la gente, i cittadini, i giovani. Il Quirinale è diventato con lui una casa aperta, una casa di tutti. L’Italia che Pertini prendeva per mano allora stava vivendo un’inedita e assai difficile transizione politica, un esperimento mai tentato da trent’anni, da quando subito dopo la Liberazione c’erano stati i governi di unità nazionale: si era dato vita a una maggioranza di cui facevano parte tutte le forze politiche che si riconoscevano nella Costituzione repubblicana. Questo esperimento era stato reso necessario dalle gravi emergenze che il Paese e le istituzioni dovevano fronteggiare, dalla lotta contro l’inflazione galoppante al confronto duro con un terribile fenomeno di terrorismo. Pertini raccolse quest’eredità di un’esperienza politica che già si stava consumando, perché fu eletto presidente della Repubblica dopo il sequestro e l’assassinio dell’onorevole Moro che in effetti (ma lo si sarebbe capito meglio nei mesi successivi) aveva segnato la sorte dei governi di solidarietà democratica, come allora si chiamavano. Fu quindi il presidente che doveva cominciar a pensare al ritorno verso una normale dialettica politica. Quella stagione di grande unità sarebbe finita, e a lui sarebbe spettato presiedere a un passaggio ad altre forme di maggioranze e di governo... Aveva il dovere e la responsabilità di cercare le soluzioni, e di cercarle anche fuori dallo schema secondo il quale l’incarico di presidente del Consiglio spetta sempre a un rappresentante del partito di maggioranza relativa... Aveva, in questo, un margine di discrezionalità che è proprio della funzione del presidente della Repubblica nei momenti politicamente complessi. La sua fu una presidenza interventista, ma nel senso che Pertini fece interventi in vari campo senza però andare mai al di là dei poteri effettivi spettanti al presidente della Repubblica. E’ importante dire che non travalicò mai quel limite, non si attribuì poteri che non potesse esercitare, anche se intervenne nel senso di dire la sua, di essere in mezzo alla gente, di non guardare in faccia nessuno. Quando ad esempio vide i ritardi nei soccorsi alle popolazioni terremotate dell’Irpinia, fu durissimo: non partiva da nessuna posizione preconcetta nei confronti del governo in carica, ma non ebbe alcuna esitazione nel denunciare quel che vedeva e anche per questo piacque molto agli italiani. Ancora: fu uomo-simbolo per la lotta al terrorismo, per la garanzia delle libertà e dei diritti costituzionali contro l’attentato allo Stato che veniva dai terroristi, formazioni oscure e segnate da un vero e proprio delirio ideologico, probabilmente anche dotate di qualche complicità e di qualche appoggio in vari ambienti interni e internazionali. Era un pericolo grave, un pericolo serio, e direi che veramente Pertini fu in questo senso straordinario: non ebbe mai alcuna esitazione, mai pensò che fosse accettabile la formula coniata da qualcuno, «né con lo Stato, né con le Brigate Rosse». Lui era con lo Stato, alla testa delle istituzioni repubblicane in una lotta senza quartiere contro quel terrorismo.

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