Date: 25/03/2006
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Edizione 65 del 25-03-2006 __________ L’ombra della “pannellata” sul futuro della Rosa nel Pugno______________ di Alessandro Di Tizio_______________ “Parlare con i radicali non è semplice, scriverne è quasi impossibile” ha affermato Nicola Dell’Arciprete recensendo il mio libro “La fantasia come necessità” (Lindau). “Come si fa a non correre il rischio di mettere nero su bianco giudizi, analisi e convinzioni che saranno spazzati via in pochi mesi da una nuova incredibile ‘pannellata’?”. La profezia di Nicola - che conosce bene la realtà radicale, essendo entrato giovanissimo nella direzione di Radicali Italiani ed essendo oggi policy advisor di Marco Pannella al Parlamento Europeo - si è puntualmente avverata. Nel giugno del 2005 consegnavo all’editore il testo definitivo del libro; erano i giorni in cui Pannella dichiarava che sarebbe andato all’estero in caso di vittoria di Romano Prodi, mentre la Bonino durante l’Assemblea dei mille, ribadiva l’incompatibilità con entrambi i poli. La Rosa nel Pugno, in copertina sul mio libro, rappresentava, quindi, solo il simbolo storico del Partito Radicale. Pur pronosticando la nascita di una coalizione di forze laiche (ma non ero il solo a farlo), prefigurando quindi quel che sarebbe accaduto di lì a poco, nel testo affermavo che i radicali non possono essere considerati una forza politica di sinistra, e che le loro alleanze e la loro collocazione si definiscono in negativo, per ciò che non sono: l’estraneità alla Dc nella Prima Repubblica li vedeva necessariamente a sinistra, ma non si trattava di una scelta di campo. Ha quindi torto, a mio avviso, chi ha visto nelle scelte del ’94 un tradimento, e ancor di più sbaglia chi in questi giorni tenta di mettere tra parentesi gli ultimi dieci anni di attività radicale, contrassegnata da scelte in politica estera ed economica assai distanti da quelle dell’Unione. Il libro ha però raggiunto gli scaffali delle librerie a novembre, quando il termine “radicale” era già divenuto sinonimo di “socialista” e la rosa era tornata in scena, “piantata”, non si sa se per appassire o rifiorire, nel centrosinistra. Pur senza la presunzione di pensare di poter incidere sull’agire dei radicali, restando convinto della tesi del libro, non posso che dare un’interpretazione “eretica” degli eventi in corso: la Rosa nel Pugno non è il frutto di un percorso naturale, nasce da necessità contingenti che hanno spinto Sdi e Radicali a trovare l’uno nell’altro una sorta di salvagente cui aggrapparsi. Il problema è allora capire se questa “pannellata” abbia spazzato via, insieme alle mie analisi, quelle dell’esperienza radicale più recente che non possono trovare spazio nell’Unione - abrogazione dell’articolo 18, abolizione degli ordini professionali, sostegno a Israele, il bello slogan “Globalizzazione? Sì, grazie”, l’interesse verso i neo-con, la politica “amerikana”… - o se, davvero, la Rosa nel Pugno sarà in grado di contaminare il centrosinistra imponendo anche tali temi senza essere fagocitata. E ancora, c’è da chiedersi quanto i 31 punti enunciati a Fiuggi - per lo più taciuti in questa campagna elettorale - siano entrati nel patrimonio e nella testa dei socialisti di Boselli & co., il cui unico contributo a livello di contenuti, almeno fino ad ora, è risultato piuttosto imbarazzante: quell’ingombrante “scuola pubblica, scuola pubblica, scuola pubblica” per cui la maggior parte dei radicali storce ancora il naso. Il problema non è di coerenza né di opportunità: riguarda semmai il carattere quasi religioso della vicenda radicale, per cui ogni svolta diviene una nuova dottrina, ogni passaggio, anche se meramente strategico, diviene “essenziale”, ogni decisione deve essere a forza incasellata in un percorso che si vorrebbe lineare che va da Rosselli a Capezzone. Ma la linearità e la coerenza diventano inutili gabbie se i fatti superano le idee, e restarvi fedeli a tutti i costi significa essere fuori dalla realtà. Se le scelte del ’94 avevano un senso, se davvero un anno fa si poteva chiedere ospitalità ad entrambi gli schieramenti, la decisione di andare a sinistra non può essere presentata oggi come passaggio logico, obbligato e indispensabile per le sorti della vicenda radicale e addirittura del Paese. È una scelta pienamente legittima, ma non quella oggettivamente migliore, né l’unica possibile. La Rosa non è che una maschera con cui i radicali scelgono di presentarsi in uno schieramento distante da loro almeno quanto l’altro, se non di più. Guardiamo alla politica radicale oggi: il liberismo è coperto dalla foglia di fico dell’agenda Giavazzi; il dissenso con l’Unione si limita al problema dei Pacs e della laicità, magari calcando un po’ la mano per non pensare ai veri contrasti, pronti ad emergere a partire dal 9 aprile. Nel duello tv con il premier, Prodi ha parlato in termini fin troppo chiari di un progetto politico distante anni luce da quello radicale, a partire dal metodo, dialogante e concertante ad ogni costo: le decisioni verranno prese sentendo tutti… il che vuol dire, nella migliore delle ipotesi, non fare nulla. Un po’ poco per il soggetto politico che si è sempre proposto come forza modernizzatrice del Paese, in contrapposizione proprio a tali logiche consociative. Altrettante obiezioni si potrebbero fare dall’altra parte, non è nella svolta a sinistra il problema. I radicali hanno deciso finalmente di “sporcarsi le mani”, ed è un bene, ma bisogna riconoscere che la Rosa nel Pugno è un fiore che non sboccia nel giardino perfetto immaginato da Pannella, ma nella serra della realpolitik: è una pianta creata in laboratorio, dotata di radici in grado di affondare nel fango della politica nazionale, dove il radicalismo duro e puro non ha mai trovato spazio né condizioni per agire. La Rosa nel Pugno non durerà, perché non è nata per crescere. Risponde alle esigenze dei radicali e permetterà loro di fare politica ad un livello più serio e produttivo. Tutto qui. Ma niente paura: anche queste riflessioni, che magari non piaceranno a molti radicali, saranno ben presto spazzate via da una nuova “pannellata”, che rimescolerà le carte, scombinando tutte le analisi. Chiunque volesse scrivere del Partito Radicale farà bene a tenerne conto: ciò che è vero oggi, potrebbe non esserlo domani.
[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]