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Rino Formica, come mai al congresso socialista? ... / Corriere della Sera

Date: 24/10/2005
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Rino Formica, come mai al congresso socialista? ... «Non mi sono tenuto». Da dieci anni non la si vedeva. «Volevo dare una mano a Bobo Craxi e alla linea di unità socialista. C'è un bisogno di socialismo nella politica italiana, il cui riflesso è questa atmosfera da tempi gloriosi. Finalmente un congresso senza hostess e con discussioni autentiche. I congressi del futuro assomiglieranno a questo: recupereranno forme di democrazia diretta, si apriranno al pubblico, com'è già accaduto con le primarie. Confusione creativa. Basta individuare le regole». Ai tempi dell'altro Craxi non c'era molto da discutere. «Non è così. Non erano congressi celebrativi. E' che si andava sempre all'attacco; e per attaccare si deve restare uniti. Questo di oggi segna quasi un ritorno ai congressi di inizio Novecento, quando i partiti non erano troppo strutturati. Poi cominciò l'era dei congressi di tipo sovietico, filtrati dagli apparati. Il Psi è stato il primo a rompere quella logica, affiancando ai delegati gli invitati, che non avevano il potere di voto ma di applauso o di fischio. Il primo fu il congresso di Verona dell'84, dove fu fischiato Berlinguer». De Michelis l'altra notte ha evocato il clima goliardico dell'Ugi. «E' una stagione che non ho vissuto, essendo diventato dirigente del partito da giovane. Ma i capi dell'Ugi, Craxi, Occhetto, Pannella, dell'assemblea se ne fregavano. Le discussioni di questi giorni mi riportano piuttosto ai congressi del Psi precraxiano. Formidabile quello di Genova del '72. Tre anni prima, nel salone dell'agricoltura all'Eur, Nenni e noi autonomisti eravamo stati messi in minoranza da De Martino, Lombardi e Mancini, che divenne segretario. A Genova le alleanze si ruppero e fu battaglia dura, ogni oratore veniva osannato e contestato, aleggiava nella sala lo spettro del terrorismo nascente di cui qualcuno nell'inconscio avvertiva il fascino, con spirito dannunziano, da volo su Vienna. Segretario diventò De Martino, con Nenni presidente. Ma mancavano solo quattro anni al Midas. I congressisti di oggi sono tutti figli del Midas». Nella scelta di Bobo di andare verso sinistra lei vede la suggestione di recuperare l'idea del padre? Craxi avrebbe governato tutta la vita con la Dc o sentiva l'afflato dell'unità delle sinistre? «E' quell'afflato che spirava al Midas. Craxi diventa segretario mentre si chiude la tenaglia del compromesso storico, e propone ai comunisti l'alternativa: congresso di Torino, 1978. La fine di Moro segna il momento più plumbeo dell'abbraccio cattocomunista. Bettino punta a un centrosinistra nuovo, in cui il Psi non sia più subalterno alla Dc: l'alternativa è impossibile, si cerca l'alternanza. Dopo il crollo del Muro, Craxi cerca di nuovo i comunisti. Ma Occhetto gli ripete il no che dieci anni prima gli ha detto Berlinguer. I comunisti hanno sempre avuto il terrore anche solo del nostro nome; non a caso ora siamo al partito democratico. Anche se trovo significativo il nucleo di resistenza socialista nato all'interno dei Ds, anche vicino al segretario». I socialisti che ora rifiutano l'accordo con l'Unione ripetono: mai con i nostri carnefici. «E' un argomento in parte superato, in parte falso. I carnefici sono stati ovunque, anche a destra. A sinistra è prevalso l'abbandono, la mancanza di solidarietà e di fratellanza, da distinguere in tre categorie. Quelli che rinnegavano i socialisti, considerando che il legame di classe spingesse semmai i comunisti verso i cattolici. Quelli che riconoscevano radici comuni, ma distinguevano la radice sana - la propria - da quella marcia - il Psi -. E quelli che partecipavano del costume corrente della vita pubblica, ma nell'ora del giustizialismo si presero paura e gridarono si salvi chi può». A chi pensa? Ai miglioristi? «No, il fenomeno è molto più ampio, riguarda le cooperative, l'export con l'Est europeo, i potentati economici e finanziari. Il si salvi chi può venne anche da Berlusconi». I socialisti sembrano ancora combattuti tra la solidarietà per il nemico dei comunisti e il rancore per l'uomo che ha costruito le sue fortune politiche nel momento della loro disgrazia. «Non abbiamo alcun dovere nei confronti di Berlusconi, perché i fronti di guerra di Berlusconi mutano a seconda delle sue convenienze. Nel '92 le sue tv si schierarono con il pool di Milano, nel '94 voleva Di Pietro e Davigo nel governo, nel '96 trattava con D'Alema nella bicamerale». De Michelis ha mosso verso sinistra. E' stato troppo prudente? «Voglio bene a Gianni, dal Midas in poi è sempre stato coerente. Ma un tempo prendeva una decisione e poi ne cercava le ragioni. Ora è alla ricerca di ragioni, forse per eludere la decisione. Si ostina a pensare che i voti socialisti siano nel centrodestra, mentre il bisogno di socialismo è a sinistra. A destra semmai hanno il problema di scegliere tra istanze liberaldemocratiche e istanze cristiane». Bobo Craxi? «Ha dimostrato solidità». Stefania? «Suo fratello è cresciuto nella politica. Lei alla politica è arrivata con il dolore. Finito il fascismo, a noi ragazzi che ci avvicinavamo al Psi dicevano: non farti condizionare dalle passioni personali, che vi inchiodano a radicalità insormontabili. E il dolore è la passione più pericolosa, perché negativa». Aldo Cazzullo

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