[Artchivio/_borders/disc2_ahdr.htm]

FORMICA: Il PC grande intercettato che controllava tutti / dalla Prima Pagina del CORRIERE della SERA

Date: 30/07/2005
Time: 17.55.46
Remote Name: 151.28.27.60
Remote User:

Commenti

Sangue, merda, e intercettazioni. «La politica ne è sempre stata piena, e ormai non può più farne a meno. Tutti possono essere intercettati; quindi, tutti lo sono». Parafrasando una sua antica definizione dell'arte della cosa pubblica, Rino Formica valuta che «le intercettazioni sono fisiologiche al sistema italiano. Pensare di limitarle è impossibile. L'unica cosa che si può fare è istituire nei tribunali sezioni specializzate nel reprimere gli abusi degli spioni e garantire i diritti degli spiati». La tesi di Formica è che il grande intercettato e intercettatore della storia repubblicana sia stato il Pci. «I suoi anni d'oro furono i Cinquanta e i Sessanta. Allora il partito aveva proprie cellule in tutte le società telefoniche. Non erano in grado di garantire un servizio 24 ore su 24; ma attraverso le pressioni sindacali piazzavano i loro uomini nello stesso turno, in modo che potessero intercettare qualsiasi conversazione senza che nessuno se ne accorgesse». Chi coordinava il lavoro? «Questo non l'ho mai saputo. Credo che ne fossero al corrente in pochissimi. Nel Pci accanto ai responsabili ufficiali ci sono sempre stati responsabili paralleli. E i ruoli più delicati non spettavano mai a coloro che ufficialmente ne erano investiti; a esempio l'amministratore del partito era in realtà un cassiere, e le leve dell'amministrazione erano in mano al capo dell'organizzazione o al coordinatore della segreteria. È ovvio però che tanta segretezza attirava anche molteplici attenzioni. Il Pci era intercettato dai sovietici, dai servizi italiani, dagli americani. Quando la Cia, in seguito alle intercettazioni telefoniche, manifestò il timore che i dollari in arrivo da Mosca per Botteghe Oscure fossero falsi, avvertì Federico Umberto D'Amato, capo dell'ufficio affari riservati del Viminale, che provvide a verificare». E il Psi? «Il Psi molto meno. Sia Nenni sia Craxi temevano le intercettazioni. Ma non ce n'era poi un gran bisogno: noi eravamo il partito più aperto e squinternato che ci fosse. Un giorno Fernando Santi portò in direzione suo nipote in visita a Roma, e nessuno trovò nulla da obiettare. Qualche volta abbiamo ospitato pure Minzolini, che non credo potesse avvicinarsi a meno di cinquanta metri da Botteghe Oscure. Con De Martino avevamo in direzione pure una spia di D'Amato, Margherita Ingargiola, ex comunista». Restiamo alle telefonate. Lei è mai stato intercettato? «Non ne ho la prova, ma la certezza sì. Per difendermi ho elaborato una tecnica. Quand'ero ministro iniziavo sempre le conversazioni salutando il maresciallo in ascolto. Soprattutto, non ho mai detto in privato una cosa che non avrei potuto ripetere non solo al bar La Caffettiera , ma pure in piazza del Popolo». Addirittura? «Sono sempre stato un convinto assertore della trasparenza. Sono sicuro che in Italia segreti non ce ne siano. Solo, non deflagrano, in omaggio al quieto vivere. Quando invece qualcuno si incattivisce, allora i confini saltano. È accaduto negli anni di Tangentopoli. Sta accadendo in questi giorni con Fazio». Nessuno è al sicuro, sostiene Formica: «Fin da quando, quarant'anni fa, gli americani intercettarono i discorsi del congresso del Partito comunista cinese, grazie a uno strumento che rilevava le vibrazioni dei vetri, è ingenuo approntare difese. Lo stesso Cossiga, che di queste cose ha pratica, venne intercettato quand'era ministro dell'Interno. Talora i servizi segreti hanno sostenuto di aver intercettato un politico per proteggerlo, e magari hanno ragione: se un ministro ha una colf in contatto con i terroristi che usa il telefono di casa considerandolo sicuro, tenerlo sotto controllo è una buona idea. Il vero problema non è l'intercettazione, ma l'uso che se ne fa. Pubblicare una registrazione fatta dai magistrati è grave. Ma ancor più pericolose sono le intercettazioni illegittime, fatte magari da politici a danno di altri politici. Queste non sono destinate a diventare pubbliche, ma a venire usate a fini di ricatto. A volte il movente è il lucro, altre volte il condizionamento politico». Nomi? Esempi? «Ho solo sospetti, non prove. Qualsiasi nome equivarrebbe a un'accusa. Ma gli abusi ci sono stati. E in futuro sarà anche peggio. Il varco attraverso cui passano i nemici del garantismo è l'emergenza. Oggi alle due emergenze tradizionali, la mafia e il terrorismo interno, si è aggiunto il terrorismo internazionale. Crede mica che, quando Dalla Chiesa decideva di mettere un telefono sotto controllo, perdesse tempo a informare un magistrato? Lo faceva e basta. E non penso proprio che la magistratura, ogniqualvolta ha intercettato un politico, avesse la regolare autorizzazione, o conoscesse una notizia di reato. Vige la pratica dell'autorizzazione in bianco: prima si fanno le intercettazioni, poi si riempiono i moduli in base ai nomi e alle circostanze scoperte; formalmente i diritti sono rispettati, nella sostanza no. Ecco che ascoltare fraudolentemente, da abitudine antica, diventa tecnica per sopravvivere. Sul filo dei telefoni controllati passa la battaglia per il potere, resa più crudele dal vuoto della politica. Nei momenti di passaggio, come questo, in cui la Banca d'Italia da istituzione si fa lobby, da controllore diventa burattinaio, le intercettazioni sono funzionali alla rettifica dei poteri». Spie e Spiati Aldo Cazzullo

[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]