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Dove, se non nel centrosinistra, può vivere il socialismo ‘craxiano’? / dal Riformista del 21 /7/05

Date: 22/07/2005
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Dove, se non nel centrosinistra, può vivere il socialismo ‘craxiano’? di Bobo Craxi (articolo tratto da ‘Il Riformista’ del 20 luglio 2005) C’è qualcosa di buono e di nuovo nella discussione che sta animando l’area socialista, che ha appassionato settecento militanti e dirigenti del Nuovo Psi in un’assemblea di fine luglio preparatoria del nostro Congresso? Sono i tipici ‘miasmi’ di fine legislatura di un piccolo partito della seconda Repubblica alla perenne ricerca di una risposta alla questione se sia meglio stare di qua o di là? Oppure, come io penso, sta cominciando la fine di una grande glaciazione politica e le vecchie, antiche e mai abbandonate tradizioni si stanno riorganizzando per cercare di offrirsi, anche nelle difficili condizioni di minoranza in cui sono state cacciate, come risposta alle difficoltà che attraversa l’Unione europea e alla difficile crisi della politica italiana, crisi prolungata della sua lunga e tenebrosa transizione, crisi annunciata della sua economia e dello stato di salute generale del Paese? Non sono pochi i dossier sui quali una solida formazione di cultura riformista, dalla vocazione socialista e liberale, potrà esercitare una funzione, un ruolo, una prospettiva. Innanzitutto sulla questione internazionale, mantenendo un saldo atteggiamento di responsabilità verso gli alleati e un determinato e coerente impegno verso una nuova interpretazione dell’Unione europea, per un’Europa aperta al mondo, protagonista attiva dei processi di pacificazione, attiva nel campo della difesa dei diritti dei popoli e dei diritti umani e finalmente efficace nella cooperazione nord - sud. In secondo luogo, intorno alla questione dei diritti civili nel nostro Paese, per la difesa della sua laicità, per l’estensione e l’allargamento della tutela e della protezione di diritti, che emergono e rinnovano un’esigenza di nuove responsabilità e di un innovativo e più moderno approccio legislativo e politico. Inoltre, sulla questione del lavoro, di una più ampia e moderna visione di tutela dei diritti acquisiti unita al necessario adeguamento delle nostre concezioni, più in sintonia con i tentativi di modernizzazione presenti nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, che nell’ancestrale e conservatrice politica perseguita per anni dal maggiore sindacato italiano. I compiti di una moderna e coerente formazione che faccia riferimento alla tradizione del socialismo italiano devono certamente fare leva sull’orgoglio di un popolo che ha vissuto esiliato nei campi profughi della politica italiana e che, oggi, vuole necessariamente cercare di trovare uno sbocco comune. E dove pensiamo di far rivivere il socialismo ‘craxiano’, declinato nel socialismo liberale ed anche in quello più eretico della contestazione alla falsa rivoluzione e all’impianto fallace della seconda Repubblica? Dove far rinascere questa vocazione di voler rappresentare, in chiave moderna e nella sua versione italiana, la migliore esperienza del socialismo europeo - che sta esattamente a cavallo fra Blair e Zapatero - se non nel centro-sinistra del nostro Paese? Non è affatto utopico o velleitario ritenere che l’unità più ampia dei socialisti e la loro convergenza con la sinistra liberale rappresentata dai radicali nel nostro Paese possa indicare una prospettiva politica quantomeno inedita, moderna, originale, forse la sola che si giustifichi politicamente non come un posticcio accordo elettorale, ma come costruzione di un nuovo segmento della politica italiana, con le proprie coordinate in antiche radici che si rinnova nelle sfide di oggi, fondando su un nuovo riformismo e su nuove responsabilità innanzi al Paese. Ho detto a Romano Prodi, per ragioni di galateo e di cortesia, che i socialisti e i radicali, se si uniranno per contribuire a rafforzare il centro-sinistra, non lo faranno per gettare ‘scompiglio’. In verità, devo ammettere che, per nostra natura, sono portato a pensare esattamente il contrario: il garofano e la rosa possono essere una grande novità politica. Avremo tempo e modo per dimostrarlo, lavorando affinché questo ‘scompiglio’ possa rivelarsi esattamente così. Unità socialista e un più largo rassemblement con l’area laica e radicale: questi sono dunque i temi all’ordine del giorno del nostro Congresso di autunno che, mi auguro, sappia parlare a tanti socialisti nel Paese, a tanti italiani che socialisti sono stati o che intendono ridiventarlo ed ai quali la nostra sfida politica si rivolgerà.

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