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IL LEADER DEI DS DEVE RIAPRIRE UN DIALOGO CON LA CHIESA. DI RINO FORMICA / Il Riformista del 17 Giugno

Date: 27/06/2005
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da il Riformista del 17 Giugno____________________________________ IL LEADER DEI DS DEVE RIAPRIRE UN DIALOGO CON LA CHIESA. DI RINO FORMICA ___________________________________ Caro Piero, il socialismo può farcela con i suoi valori Caro Piero Fassino, non è casuale che Berlusconi e Prodi, all’unisono, hanno convenuto che il voto referendario non ha rilevanza politica. Sostituire la realtà con i desideri è l’estrema trovata degli sconfitti. Berlusconi e Prodi pur avendo espresso voto diverso hanno perso insieme, perché sono figli datati della vecchia furbizia italica di dire non dicendo e di fare non facendo. Il carisma (se c’è) dei leader non può surrogare il carisma delle istituzioni. Le istituzioni sono i corpi vivi e rappresentativi che collegano i singoli cittadini alla più ampia comunità nazionale. Chi doveva reggere all’offensiva culturale nuova che la Chiesa e pezzi importanti del laicato colto hanno sferrato contro una tradizione laica non più all’altezza di uno scontro di inedita qualità sui temi del progresso, della scienza e della libertà? Nel 2002 il cardinale Ratzinger nel ricevere il Premio Liberal per la Filosofia, lesse a Trieste una dotta prolusione. E’ una rigorosa sintesi del pensiero politico di Papa Benedetto XVI così schematizzato: «La politica è l’ambito della ragione, e più precisamente non di una ragione semplicemente tecnica-calcolatrice, ma morale». I punti elevati del dialogo che il Papa vuole sottoporre al confronto con il laicato di oggi sono tutti esposti nelle conclusioni della richiamata prolusione, che provo a riassumere: Il fine dello Stato è di natura morale: pace e giustizia. La ragione morale deve guidare il discernimento tra ciò che illumina e ciò che oscura la via per la pace e la giustizia. Lo spirito di parte che accompagna il potere produce miti. Questi miti presentati come realtà morale sono, in via definitiva, la maschera del potere. I due grandi miti del secolo scorso sono stati: il razzismo e la divinizzazione della rivoluzione. La caduta delle grandi ideologie non ha cancellato i miti, ma essi sono stati presentati in forma meno chiara e, quindi, più pericolosa. Oggi tre sono i valori dominanti che possono rappresentare un pericolo per la ragione morale: il progresso, la scienza, la libertà. Il progresso comincia a minacciare la creazione, produce disuguaglianze ed è una minaccia per l’umanità ed il mondo. E’ indispensabile orientare il progresso secondo criteri morali. La scienza è un grande bene. Ma vi sono patologie della scienza. La scienza può servire anche la disumanità e perciò va sottoposta a vincoli morali. La libertà in molti casi viene recepita in modo anarchico e diviene un idolo. Un altro mito da smascherare è il limite delle decisioni a maggioranza. La maggioranza non può abrogare i valori. La ragione morale è superiore alla maggioranza. La dottrina dello Stato ha fatto appello al diritto naturale. Oggi vige solo la ragione partitica e non più la ragione comune a tutti gli uomini. Smitizzare i concetti di libertà e di scienza. Altro punto oscuro del nostro tempo: la libertà di deridere ciò che è sacro per altri. Il Decalogo è una altissima espressione di ragione morale. Questo dire è forte ed impegnativo! Altro che scontro tra papalini e libertini che caratterizzò i contrasti nell’Italia provinciale e premoderna! Ma è anche altra cosa rispetto al duello degli ultimi quarant’anni tra l’Italia civile della liberazione della donna e, quindi della società, e l’Italia prigioniera nei vincoli di un dominio religioso bigotto e confessionale. L’esito dei referendum ci dice che in questi dieci anni dell’infinita transizione, senza pensiero e, spesso, con classi dirigenti raccogliticce, la sinistra storica non ha aggiornato e revisionato la sua cultura politica, mentre ha cocelebrato la fine delle ideologie, lasciando tutto lo spazio dei principi e della morale alla religione dominante. Sta riemergendo a causa dell’atteggiamento passivo, remissivo del socialismo pensante, il vecchio modello subculturale del determinismo pseudoscientifico: i fatti sono divini perché inevitabili, i principi sono umani perché convenzionali. Caro Piero, so che nel fuoco di una partita tutta giocata sul terreno della conquista del governo tornare all’ideologia, cioè alla definizione della tavola dei valori, significa esporsi alla facile accusa di voler coprire con la dottrina mistificatrice le ostili condizioni della realtà economica, ma urge mettere mano alla ricollocazione strategica del socialismo italiano. La regola aurea è quella di tenere sempre distinte le prospettive storiche del partito politico, dalle alleanze contingenti per il governo del paese. Questo referendum penso potrà essere utile per aprire gli occhi su una cruda e sana verità: l’Italia profonda è matura, vuole riflettere sulle grandi questioni di principio e si è, per ora, astenuta, e rifiuta i grandi demiurghi onnipotenti e provvidenziali. Tu hai fatto una campagna pulita, onesta e serena, rappresenti una sponda credibile di un dialogo con chi ha convinzioni diverse (la Chiesa) ma puoi anche convincere con una riscoperta dei valori del socialismo umano e democratico la gran parte degli astenuti. Per provarci devi liberarti del cattivo pensiero che il socialismo non può farcela e che deve essere assorbito dal mondo grigio e confuso della contaminazione con storie legate a tradizioni valoriali diverse. Il tempo stringe, ma come hai saputo dire dopo il risultato del referendum: vi sono battaglie che, comunque, devono essere fatte anche se l’esito può essere incerto. Berlusconi e Prodi potranno ancora dire, per qualche giorno, che il voto del 12 e 13 giugno non ha rilevanza politica, ma tra alcune settimane la penosa bugia svanirà per dare posto ad una più impietosa realtà. Un saluto fraterno. venerdì 17 giugno 2005

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