Date: 31/05/2005
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L'unità dei socialisti è nei principi e nei valori La cosiddetta "questione socialista" non è un'invenzione di qualche politologo o di qualche nostalgico del partito socialista italiano dei tempi del caf. Essa, a ben vedere, si ripropone ciclicamente, e investe l'intero panorama politico della sinistra e, con la vicenda ormai decennale del nuovo Psi, non solo della sinistra. Poiché per questione socialista, a mio modesto avviso, non si deve intendere soltanto la causa e gli effetti della fine ingloriosa del partito socialista, ma anche la mancanza in Italia di un soggetto che si richiama fermamente, orgogliosamente, senza infingimenti, alla tradizione socialista, democratica, riformista, dell'Italia e degli altri Paesi europei, sia di quelli che hanno con ottimi risultati sperimentato il governo socialista in un sistema democratico di alternanza, sia di quelli nei quali essa è stata rimossa e spazzata via dal totalitarismo comunista in conseguenza del patto di Jalta e della divisione del mondo in blocchi contrapposti. La decisione assunta dalla Margherita di non procedere oltre sulla strada della lista unica, consente oggi di parlare ancora, per l'ennesima volta, dell'unità dei socialisti; necessaria, per costruire un soggetto politico moderato si, ma non di centro, assolutamente diverso e altro rispetto alle formazioni discendenti del cattolicesimo politico progressista; naturale, se si pensa al codice genetico comune, che l'anomalia italiana degli ultimi anni ha finito per sminuire fino a cancellarlo completamente, proprio nel momento in cui il fallimento del modello comunista avrebbe dovuto esaltare la matrice socialista dei partiti, grandi e meno grandi, nati lungo tutto l'arco del secolo scorso. Non si tratta, come potrebbe sembrare, di fare tornare indietro le lancette della storia; anzi, forse proprio il disegno della lista unica appare come il tentativo di forzare i tempi, di nascondere sotto il tappeto le notevoli differenze che esistono e che si manifestano anche nella posizione sul referendum di giugno. Si tratta piuttosto di provare a presentare all'elettorato un disegno politico chiaro, nel quale le forze d'ispirazione socialista (Ds, Sdi, Laburisti, Nuovo Psi, Psdi, Giustizia e Libertà), superate le incomprensioni e smaltite le ruggini dovute alle vicende degli anni più recenti, si diano una connotazione unitaria prendendo atto della comunanza dei valori e dei principi, e vadano poi a un accordo programmatico con le forze della sinistra radicale e ambientalista, e con quelle del popolarismo cattolico, dando vita a uno schieramento di centrosinistra molto più omogeneo e razionale di quanto possa esserlo un unico soggetto indistintamente ulivista, che, contraddizione in termini, soffre in partenza proprio la mancanza di radici solide e ben piantate al terreno. Strategicamente, inoltre, che ci si può augurare che all'infinito la sinistra socialista consegni il proprio patrimonio all'ex democristiano di turno, contando in tal modo di catturare i tanto venerati e corteggiati voti moderati; i socialisti, in Italia, devono rassegnarsi ad essere considerati, chissà per quanto tempo ancora, per un motivo o per l'altro, figli di un Dio minore, incapaci di esprimere una leadership da sottoporre con probabilità di successo alla valutazione dell'elettorato? Non credo che la nostra aspirazione debba essere quella di costituire l'unico Paese in cui la sinistra socialista va al Governo per interposta persona, dovendo scontare chissà quale peccato originale. Anche per questo, ma non solo, io credo che la frenata della Margherita non vada drammatizzata; tutti i socialisti, tutti quelli che aspirano ad assistere e a partecipare, in un giorno non lontano, alla nascita del Partito socialista europeo, dovevano cogliere questa opportunità, per completare un processo che, probabilmente, senza gli eventi traumatici degli ultimi 13 anni si sarebbe già compiuto. Non credo si tratti di discorsi vecchi e superati; certo, stiamo parlando di un terreno comune di principi e valori quali la democrazia, la libertà, l'uguaglianza, la giustizia sociale. Principi e valori risalenti nel tempo, ma mai vecchi e superati, sui quali si può tentare di edificare una società migliore. Nino Mallamaci direzione provinciale Ds
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