Date: 20/05/2005
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Antonio Landolfi ha dato alle stampe il suo saggio sull'evoluzione del pensiero socialista Le radici europee del riformismo Dopo "La storia del Psi", del 1992, "Compagni di viaggio" del 1996 e "Il garantismo dei socialisti" del 1999, con il quale ha vinto il premio Ignazio Silone, Antonio Landolfi, già parlamentare socialista e professore universitario alla Luiss di Roma, ha dato alle stampe il saggio "L'Europa dei socialisti: da Garibaldi all'Unione Europea", inserito nella collana "Vivarium" della casa editrice Ursini di Catanzaro. Sono anni che Landolfi, muovendosi controcorrente, si sta prodigando per documentare la vitalità della cultura politica del socialismo riformista, su cui, subito dopo il crollo del muro di Berlino, erano stati stilati frettolosi necrologi sulla base dell'assunzione che comunismo e socialdemocrazia fossero legati a un doppio filo, sicché l'estinzione del primo non poteva no risultare letale per la seconda. «In realtà scrive Luciano Pellicani nell'introdurre il libro di Landolfi sin dal 1919 la socialdemocrazia aveva proclamato la sua incompatibilità che nasceva dalla ferma adesione ai valori e alle istituzioni della democrazia liberale e dall'altrettanto ferma condanna della dittatura rivoluzionaria e del terrorismo di classe. In aggiunta, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, i partiti dell'Internazionale socialista che ebbero responsabilità di governo non intesero radere al suolo il capitalismo, bensì si impegnarono a correggere l'allocazione della chances di vita istituzionalizzando quel sistema di protezione sociale che sarebbe stato battezzato Welfare State». Ma c'è un'altra ragione che rende legittimo definire l'Europa attuale socialdemocratica, ed è precisamente quella che Landolfi illustra efficacemente nel volume edito da Ursini, e cioè: sin dai suoi primi passi, il movimento socialista è stato animato dall'idea che i popoli del Vecchio Continente dovevano trascendere l'angusto orizzonte del nazionalismo ed aprile il cantiere degli Stati Uniti d'Europa: diversamente avrebbero imboccato la via dell'autodistruzione. E la storia del XX secolo ha confermato massicciamente la prognosi socialista. Lo scatenamento dei nazionalismi ha portato l'Europa sull'orlo di una catastrofe senza rimedio, dalla quale essa si è allontanata grazie al provvidenziale intervento dell'America e grazie alla ripresa dell'europeismo, al quale i socialisti hanno dato un contributo teorico e pratico, di fondamentale importanza. «Certo aggiunge Pellicani a dispetto dei grandi successi elettorali degli anni '90, nell'orizzonte programmatico e politico del socialismo europeo non tutto è chiaro; anzi, molte sono le nubi da diradare. I socialisti, perché l'Europa sia effettivamente quella da essi progettata e auspicata, hanno un grosso e faticoso lavoro da compiere. Il che, poi, significa che la costruzione degli Stati Uniti d'Europa è ancora in corso. Ma, appunto per questo, c'è un futuro per il socialismo e si tratta di un futuro strettamente legato all'idea europeista».
[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]