[Artchivio/_borders/disc2_ahdr.htm]

Socialdemocrazia, in Italia c’è Fassino imiti Blair e la cambi / dal Corriere della Sera

Date: 29/01/2005
Time: 13.04.10
Remote Name: 151.28.40.241
Remote User:

Commenti

Socialdemocrazia, in Italia c’è Fassino imiti Blair e la cambi di PIERO OSTELLINO Alla «prova del budino» - per sapere com'è bisogna mangiarlo - l'affermazione di Francesco Rutelli secondo la quale la socialdemocrazia e l'egualitarismo hanno fatto il loro tempo va, forse, corretta. La socialdemocrazia, nella sua versione «storica», ha fatto il suo tempo in Europa; ma sopravvive in Italia. Caro Fassino (forza, per la buona volontà), non basta citare Blair e Schröder, per sostenere che la socialdemocrazia è viva, se, poi, sono proprio loro che l'hanno, invece, cambiata. Il socialismo democratico della tradizione - una forma attenuata di collettivismo - ritiene che compito dello Stato sia evitare che cresca la distanza fra chi ha di più e chi ha meno. Esso concepisce l'eguaglianza come l'«obiettivo finale» della competizione sociale cui l'azione politica deve tendere, pur sapendo, al tempo stesso, che è sostanzialmente irraggiungibile. In un certo senso, la nostra socialdemocrazia - che è costituita prevalentemente da post-comunisti - pretende ancora, non a caso come il comunismo, di preordinare l'esito della libera competizione sociale, pur accontentandosi di farlo solo parzialmente, con il consenso, senza abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione e il mercato, e instaurare un altro ordine sociale, come fa il comunismo. La socialdemocrazia, da noi, rimane, dunque, il tentativo di porre i processi e gli esiti dell'accumulazione capitalistica sotto controllo collettivo, attraverso graduali misure pubbliche. In Europa, chi si dice ancora socialdemocratico, invece, non pone più al centro della propria speculazione politica la collettività, bensì l'individuo, ritenendo che compito dello Stato sia creare le condizioni affinché tutti abbiano le stesse possibilità di arricchirsi, anche se ciò finisce col produrre una forte disuguaglianza finale fra chi ha di più e chi ha meno. Questo è il liberalismo democratico di Tony Blair, che è succeduto alla socialdemocrazia storica. Esso concepisce l'eguaglianza delle opportunità come la «condizione iniziale» della competizione sociale, non preoccupandosi di preordinarne in qualche modo l'esito finale. Il liberalismo democratico è, dunque, al tempo stesso la dottrina dei limiti del potere collettivo e della salvaguardia delle opportunità individuali con l'obiettivo di realizzare il massimo di libertà, anche economica, di ciascuno compatibile con la libertà degli altri. Nessuno, in Gran Bretagna o in America - dove i socialdemocratici si chiamano 21> liberal - si sognerebbe di sostenere che la produzione di ricchezza sia un gioco a somma zero (tutto ciò che guadagnano gli uni lo perdono gli altri) e che, contenendo l'arricchimento dei primi, migliorerebbero le condizioni dei secondi. I Paesi che maggiormente tollerano le ineguaglianze sociali hanno anche le economie più prospere. L'eguaglianza non è più una priorità neppure nei Paesi a più forte pressione fiscale - come quelli scandinavi (tasse alte per i redditi personali, basse per le imprese) - il cui obiettivo non è la redistribuzione della ricchezza, bensì la creazione di una rete di strutture al servizio del cittadino e di sostegno alle famiglie bisognose. Il liberalismo democratico si chiede, infine, se, nell'era della globalizzazione, le politiche antimonopolistiche debbano tutelare il consumatore, col rischio di mortificare la libertà di intrapresa - come nel caso dei monopoli «naturali», frutto della sola capacità dell'imprenditore di sconfiggere i propri concorrenti - e di penalizzare la produttività; ovvero se debbano tutelare la produzione, col rischio di mortificare la concorrenza e di penalizzare il consumatore. A sinistra, da noi, su questi argomenti si cimenta intelligentemente, con qualche successo editoriale e poche speranze politiche, il Riformista , il piccolo quotidiano diretto da Antonio Polito, un ex, più che post, comunista. Che non a caso, è vissuto a lungo a Londra.

fdf

Date: 26/11/2006
Time: 16.44.17
Remote Name: 151.28.26.17
Remote User:

Commenti

fdfd

[Artchivio/_borders/disc2_aftr.htm]