Appello atutte le Associazioni Socialiste e socialdemocratiche in Europa
Da numerosi compagni che operano da anni nell’associazionismo socialista in Italia, Francia, Belgio Lussemburgo ed in altri paesi dell’Unione Europea é nata l’idea di costituire un coordinamento di tutte le associazioni, movimenti, istituti che operano vicino ai e con i partiti socialisti e socialdemocratici nazionali in Europa.
Un tale coordinamento permetterebbe di conoscersi meglio, di sviluppare progetti comuni, di scambiare reciproche esperienze vissute e creare i presupposti per una ancor più grande forza socialista.
Pur restando naturalmente completamente indipendente, tramite lo scambio di siti web ciascuna associazione metterebbe le sue ricerche e studi regionali e nazionali a disposizione di altre organizzazioni in altri paesi, creando cosi una sinergia comune, uno scambio reciproco di informazioni e, permettendo anche di organizzare insieme le campagne politiche.
Riteniamo che le associazioni di base siano l’anticamera della partecipazione attiva alla vita di partito e siano dunque indispensabili per gli organi dirigenti.
Questo nostro invito si rivolge pure agli eletti regionali, nazionali e europei titolari di associazione e-o sito web, affinché aderiscano a questa nostra iniziativa che ha la sola e grande ambizione di promuovere il socialismo in Europa.
Nell’attesa di costituire un sito proprio al coordinamento, mettiamo a disposizione il sito : www.associazionisocialiste.ion.it
Questa nostra iniziativa è sostenuta sin d’ora da numerosi eletti socialisti e compagni non eletti, che operano per una nuova cultura politica socialista in Europa.
Attendiamo contributi .
NELLE EDICOLE, LEGGI :
Regalatemi
e regalate a tutta Italia un sogno che tanti pensavano di avere ormai chiuso
in un cassetto.
Con
affetto.
Mi
chiedo che senso abbia continuare a parlare di un problema giustizia in
riferimento alle vicende che vanno dal processo SME alle varie polemiche fra
forze berlusconiane e quella di una sinistra cieca.
Cerco
di spigarmi.
Esiste un grave problema giustizia che è quello di processi lunghi, e quindi prescrizioni facili, ed ancora di una mancanza di norme serie in materia di responsabilità civile dei magistrati, della presenza norme odiose a garanzia di privilegi ingiustificati riguardanti il sistema di avanzamento in carriera e retribuzione dei magistrati. Problemi, insomma, che richiederebbero una seria riforma della giustizia civile e penale.
Altro, invece, le vicende di cui parlavo sopra. Il problema non riguarda la giustizia ma i nuovi poteri forti dello Stato. Turati diceva che “le vie della storia sono lunghe”, la rivoluzione giudiziaria degli anni ’90 mostra oggi i sintomi di una malattia che investe l’intero sistema democratico . Infatti, qualcuno ha creduto che spazzata via la prima repubblica si sarebbe creata dal nulla la seconda. Si sbagliava.Oggi assistiamo alla resa dei conti fra gli alleati di un tempo, che sono stati i protagonisti dello smantellamento dei principali soggetti del potere politico, e cioè i partiti. Lo scontro in atto è fra i beneficiari del vuoto politico creatosi con Tangentopoli, e vale a dire la magistratura, arroccata nella difesa di veri e propri privilegi, e il potere economico detentore dei mezzi d’informazione (Erri De Luca, il più premiato al festival del libro di Parigi, ha scritto: "Mani Pulite ha dato l’ultimo colpo alla dignità della parola politica. Da allora in poi, il personale politico è stato reclutato nei ranghi dell’economia. Abbiamo sputato nel piatto della politica e ne è uscito fuori il totem del successo personale negli affari da piazzare a capo e a simbolo di una nazione") che pretende di rioccupare anche gli spazi di autonomia fortunatamente riconquistati dal potere giudiziario.
Ciò
che è grave è che qualsiasi sia il vincitore non si avrà la risoluzione
di una crisi istituzionale che minaccia direttamente la democrazia italiana.
Sandro D'Agostino - Direzione Nazionale Costituente Pse-Socialismo è Libertà
A
mio malincuore e credo a malincuore di tutti coloro che amano la politica,
intesa come bene collettivo e non certo personale, in questi giorni, in
seguito la sentenza sulle vicende giudiziarie dell’On. Previti, abbiamo
dovuto udire frasi riportate da giornali, tratte da questa e da quell’altra
lettera inviata dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che in maniera
del tutto incauta, che denota scarsa memoria storica e scarsa capacità di
trarre accostamenti tra eventi passati e presenti, traccia parallelismi
tra alcune vicende giudiziarie che riguardano la sua persona e non, e
quelle del leader socialista Bettino Craxi.
Parallelismi
che a mio modesto avviso, “non ci azzeccano nulla” per dirla in dipietrese,
la lingua del giustizialista degli anni novanta.
Accostamenti
che trovano riscontri se li si guarda con attenzione anche senza una grande
capacità critica innata o ricercata.
Primo,
perché ciò che accadde a Bettino Craxi anni indietro è un fenomeno già
tutt’ora storicizzabile per alcuni aspetti non secondari, basti tener conto
che la Corte Internazionale di giustizia europea da pochi mesi a annullato
alcune sentenze riguardanti i processi in cui Craxi era l’imputato principe
rivalutandone la sua figura per molti aspetti, anche se guarda caso di questi
casi l’attenzione dei media è stata scarsa quando presente!
Secondo,
perché al di là di ogni vicenda giudiziaria, non si può senza offesa
alcuna, paragonare la figura politica dello statista con quelle messe in campo
in quei discorsi;
Terzo,
perché i capi d’accusa per cui
Bettino Craxi venne “condannato”(si badi bene a non confondere
quest’ultimo termine con quello di “indagato”), sono di natura diversa;
in primo luogo perché le sentenze che lo
condannarono riguardarono vicende di partito (finanziamenti illegali);
ed in secondo luogo le sentenze definitive
pronunciavano frasi del tipo “Non poteva non sapere”, non
apportando alcuna prova che l’ illegalità (se si può usare questo termine
in quel contesto specifico) commesse erano finalizzate all’arricchimento
della propria persona e lasciando dubbi sulla sua colpevolità. Se si vuole
poi continuare esaminando anche i diversi periodi, non si possono certo
paragonare gli inizi degli anni novanta, dove la situazione politica italiana
ed internazionale stava cambiando radicalmente in maniera rapida e costante
con quella dei giorni odierni, che se pur confusa, non è fatta d’eventi
improvvisi e rocamboleschi che la possano segnare tangibilmente.
Se
proprio si vuole trovare un’analogia, questa la si può ricercare nella
piazza, intesa anche come parte dell’opinione pubblica.
Le
vicende che accaddero innanzi l’albergo romano, il San Raphel, il giorno che
il parlamento votò contro l’autorizzazione a procedere nei confronti del
leader socialista, sono fatti storicizzabili di cui certo si può evidenziare
una piazza forcaiola facente capo ad una parte della sinistra massimalista
allora presente nel neo Pds che aizzavano la folla
con il loro purità giustizialista, come se le il filone delle tangenti
rosse, su cui poco si è indagato e ancor meno si è parlato, fosse un
fatto da poco conto di cui poter far finta di nulla. Bisogna anche ipotizzare,
che come allora, qualcuno strumentalizzi le vicende attuali, se pur queste
senza dubbio corrispondono in larga maggioranza alla verità, per il proprio
tornaconto, senza capire che per governare servono progetti e proposte valide
e non soltanto sdlogan e manifestazioni di piazza. Tanta gente si può portare
in piazza, ma bisogna considerare che ancor di più resta a casa
e giudica insindacabilmente tutte le scelte ed i comportamenti, anche
se a volte con troppa fretta e pochi dati.
Per
concludere, è indubbio che il sistema giudiziario Italiano debba essere
oggetto di riforme, per garantire maggiore sicurezza, equità di giudizio,
dinamismo ed elasticità, punti cardine che non si intravedono nelle proposte
dell’attuale maggioranza e in una piccola parte della sinistra massimalista
che tenta di prendere il sopravvento su quella riformista. La politica si deve
intromette soltanto con riforme serie e precise, magari dandosi anche un etica
, il che non fa male!
Nn
esiste alcuna similitudine nelle persone e nei ruoli storico-politici da loro ricoperti,
né la vicenda giudiziaria presenta la benchè minima analogia. (
senza voler entrare nel merito della sentenza giudiziaria, dato che ciò compete
ad altri).I
paragone è puramente opportunistico, dato che gran parte della classe dirigente
attuale non solo non fece praticamente nulla per difendere craxi, ma era in
prima fila nel linciaggio (vedi
lega ed an) e, nel complesso,
deve oggettivamente la sua esistenza (come del resto anche parte
dell’opposizione) al fatto di aver eliminato il partito socialista ed il suo
segretario (aldilà degli errori e delle colpe da loro commesse). Uare
per autodifesa la vicenda craxi, perchè ora tocca a "loro", è
una ulteriore dimostrazione della "precarietà istituzionale" di un
sistema denominato seconda repubblica, basato soltanto su valori
spendibili in funzione del mercato del potere.Pr dirla tutta, anche lo
schieramento tutt'altro che omogeneo che sta all'opposizione, non è certo
esente dalla logica opportunista.Icapace di darsi un programma, "volteggia"
tra un perbenismo in triplopetto (per battere quello in doppio petto del
premier) ed una voglia di cambiamento che rimane più nella memoria dei bei
tempi andati che in una volontà reale dell'oggi. Pu' immobilista di chi sta al
potere, il cosiddetto "centrosinistra", affida il suo destino agli
eventi derivanti dalle cadute di stile e dai ribassi azionari del premier e dei
suoi collaboratori, auspicandone la bancarotta, senza che come
"oppositori" ci si debba troppo sbilanciare con proposte ed azioni che
farebbero emergere le divergenze interne ed i loro vuoti programmatici.
L
nuova politica passa per un rimescolamento delle carte con l'aggiunta di cio'
che manca per comporre schieramenti e proposte in
una democrazia matura che non è certamente
la vuota commedia teatrale, sovraffollata di comparse, che gli attuali
pochi protagonisti “recitano”
per gli italiani
Ds e Socialismo è Libertà
Cari
compagni,
ho
letto con piacere le mail di Parlagreco, Baruffi e Piccoli. Spero che altri
vogliano dire la loro per arricchire questa nostra analisi sul riformismo
diessino e i suoi rapporti con l’associazione Socialismo è Libertà. Tra le
cose lette ho trovato molto interessante la distinzione che Piccoli faceva a
proposito delle diverse anime che si scontrano nei Ds. Come sapete anch’io
facevo parte di questo partito (fino a qualche settimana addietro ero il
segretario della Sg di Catania), quindi credo di poter parlarne con cognizione
di causa. All’interno dei DS troviamo essenzialmente tre tipologie di
"dirigenti": i riformisti dalemiani, i radical cofferatiani, i
massimalisti nostalgici (non me ne vogliano i liberal morandiani, ma tento una
sintesi di una situazione invero molto più complessa). Un dato che non deve
sfuggire però è che gli arcinoti rapporti di forza tra i gruppi dirigenti
non corrispondono ai reali rapporti (numerici..64% vs 33%) tra i militanti di
base. I dati nazionali infatti risultano compromessi da una anomalia di fondo
che altera profondamente il quadro reale, ovvero l’assenza di una vera
alternativa (alla segreteria nazionale) nel precedente congresso. Uno scontro
diretto tra D’Alema e Cofferati avrebbe sicuramente offerto una proporzione
maggioranza-correntone più veritiera. E poi, siete sicuri che i D’Alemiani
siano tutti riformisti? E che i tutti i berlingueriani non lo siano?
Non
vorrei darvi l’impressione di perdermi in sottigliezze, ma è necessario
approfondire alcuni punti. Tempo fa ho molto apprezzato un intervento di
Daniele (Delbene) che correttamente consigliava di qualificare il nostro
riformismo come "socialista" per distinguerlo da altri possibili
riformismi (…basti ricordare che lo stesso Fini si definì tale!), oggi tale
specificazione è d’obbligo. Innanzi tutto mi preme fare presente che le due
correnti risultano essere molto eterogenee al loro interno (sicuramente in
misura maggiore il correntone che raccoglie ex-filoamericani come Veltroni,
radicali come Salvi, massimalisti come Berlinguer) ma soprattutto occorre
notare come in ognuna di loro sia possibile ritrovare una complessa quanto
contraddittoria stratificazione di programmi, strategie e ideologie. Lo stesso
D’Alema, i cui sforzi "riformistici" vanno lodati nel merito,
adotta una metodologia (intesa come strategia politica) che definirei
togliattiana. Naturalmente mi propongo come semplice osservatore di una
evidenza che è sotto gli occhi di tutti e di sicuro non è mia intenzione
erigermi a giudice della situazione. Per questo motivo ho proposto questo
dibattito: l’unico intento è quello di chiarire quale deve essere il nostro
atteggiamento verso gli ex-PCI. Personalmente credo sia utile (oltre che
doveroso) tentare di coinvolgere tutti questi compagni "riformisti"
che per forza di cose si sono ritrovati in altri partiti e che oggi sono
stretti nella morsa catto-comunista. Non me ne vogliano i cattolici né i
comunisti ma qui il problema è di identità! In Italia i riformatori non sono
stati mai ben visti in nessun campo e soprattutto in quello politico. Si è
riusciti ad eliminare, con le buone o con le cattive, tutti quei movimenti di
vero rinnovamento (se non addirittura personalmente alcuni fautori di tali
proposte), e oggigiorno nel quadro politico nostrano non vi è traccia di
un’intera area (non parlo solo di uno o più partiti) di pensiero: il
socialismo è stato eliminato..anzi hanno tentato: i loro fallimenti sono
rappresentati proprio dalla nostra presenza! Comunque non mi dilungo
sull’esperienza di Tangentopoli, sebbene creda sia utile confrontarsi anche
su questa, ma al di là dei giudizi sulla magistratura è un dato di fatto la
diaspora dei socialisti. Per tutto questo ritengo necessario ricreare un luogo
di incontro e confronto fra tutti coloro i quali si riconoscano in tale
tradizione senza chiusure verso nessuno. Come sempre, il tempo ci darà
ragione ma adesso occorre ricreare un tetto comune per tutti quei compagni che
ritrovandosi senza una casa negli anni ’90 hanno cercato ospitalità da
estranei.
Un saluto fraterno
Apriamo la carriera di giudice anche agli avvocati
E’
possibile che Cesare Previti sia vittima di una persecuzione giudiziaria da
parte della Procura della Repubblica di Milano che anche attraverso
violazioni di principi costituzionali quali quello del giudice naturale e
delle regole che presiedono alla acquisizione e alla verifica delle prove
tanto dell’accusa quanto della difesa, ha ottenuto, in primo grado, una
sentenza di condanna. E’ probabile che così stando le cose questa
sentenza verrà, prima o poi, cancellata e forse il processo stesso
annullato.
Ma,
ormai, la questione è altra. Il presidente del Consiglio con la sua lettera
a Il Foglio ha collocato il caso Previti nella prospettiva delle lotte
politiche e di potere che attanagliano l’Italia da almeno vent’anni. E
di cui da vent’anni lui stesso è parte sempre più importante e, infine,
decisiva, ad un tempo - secondo lo stesso Berlusconi e i suoi aedi - vittima
e demiurgo. Demiurgo politico in quanto vittima giudiziaria. Ma anche se si
trattasse, come sostiene l’altra Italia, di un grande corruttore e di un
più grande manipolatore, resta che Berlusconi ha vinto libere elezioni
secondo le regole stabilite dai suoi avversari e resta che la
politicizzazione di una parte della magistratura italiana è vox populi,
esperienza replicata, prova chiara, evidente e dimostrata.
Quali
riforme
Se
non soprattutto anche per questo Berlusconi dispone dell’autorità a
governare e proprio perché ne dispone dovrebbe esercitarla più che
brandirla ed esercitarla secondo un disegno realistico e riformatore. Come
si è visto le leggi ad personam sono sospette ed inefficaci oltreché
inique. E siccome la difesa plurimiliardaria, perfettamente lecita, resta
purtroppo inattingibile ai più, per riequilibrare i poteri dello Stato e
per restaurare lo Stato di diritto, non c’è che la strada delle riforme.
Quali?
Ho
amato e rivendicato il coraggio anticorporativo del mio direttore degli
affari penali, Giovanni Falcone, quando suggeriva la separazione delle
carriere tra accusatori e giudici in nome di due diverse professionalità,
tuttavia gli facevo osservare che la questione principale non riguarda la
parzialità occulta o evidente del pubblico ministero, membro della casta
indipendente ed autonoma dei magistrati o funzionario dello Stato, della sua
sicurezza e dell’amministrazione della giustizia, ma innanzitutto la
figura del giudice. Mentre il pubblico ministero, quale che sia la sua
collocazione nell’ordinamento, esprime comunque la parzialità tendenziosa
dell’accusa, il giudice deve essere super partes e per essere super partes
deve essere reclutabile tra tutte le parti del processo. Innanzitutto tra
tutti i cittadini attraverso le giurie popolari la cui applicazione va
estesa, poi da tutte le professioni giuridiche per i ruoli che richiedono
maggior esperienza e competenza del diritto. Basta il buon senso per
comprendere che se il giudice deve essere imparziale deve avere uguale
sensibilità per le ragioni dell’accusa, dello Stato che si erge ad accusa
e per il cittadino e l’avvocato che ne difende le ragioni e gli interessi.
Invento l’acqua calda. Sta scritto nella nostra Costituzione e siccome era
rimasta lettera morta per mezzo secolo nel 1992 provai ad applicarne almeno
un inizio presentando un disegno di legge che estendeva agli avvocati e ai
professori di diritto l’accesso alla Corte di Cassazione. Fu bloccato,
come altre riforme, da Luciano Violante allora responsabile per la materia
del Pds e dall’opaca inerzia della maggioranza.
L’altra
riforma che merita di essere introdotta è un rinnovato regime di garanzie
dell’indipendenza del parlamentare attraverso un vaglio del giudice e del
Parlamento che escluda ogni sospetto di discriminazione e di persecuzione
nelle indagini che lo riguardino. E’ vero che ogni cittadino è presunto
innocente sino alla sentenza definitiva e, come molti italiani, anche io ho
potuto apprezzare la differenza tra perdere la carriera e perdere la libertà.
Ma è anche vero che più di tutti gli altri cittadini l’uomo politico
vive di reputazione e colpirne la reputazione equivale a ledere e
contendergli il mandato popolare. Ciò non deve essere possibile se non dopo
uno scrupoloso esame che escluda, preventivamente, i rischi di strumentalità
nell’avvio di un’azione giudiziaria che in Italia è irresponsabile e
gratuita per chi la muove e spesso disastrosa e senza risarcimento per chi
la subisce. Nell’occasione si tratterebbe perciò, modestamente, di
ripristinare i principi stabiliti dal referendum del 1987 (sulla
responsabilità civile dei magistrati che sbagliano) di cui continuo a
vantarmi di essere stato, con i radicali, promotore e primo firmatario.
Risultato storico votato da più dell’ottanta per cento degli italiani,
fatto abortire nella legislazione successiva da uno sciagurato compromesso
tra Craxi, la Dc, il Pci e l’Associazione magistrati. Lo squilibrio data
da allora, dalla dilatazione del potere del pm (sancita dal codice Vassalli)
e dalla sua confermata irresponsabilità. Motivo e segno premonitore
dell’inizio di un declino che precipitò poi, attraverso altri errori,
sotto i colpi della violenza giudiziaria e mediatica sino alle turpi
giornate del 29 e 30 aprile 1993.
Ha
uno strano sapore il risarcimento di questi giorni, un po’ di circostanza,
un po’ sincero, un pò strumentale, infine suggellato dalle sciabolate del
Presidente del Consiglio nella lettera al Foglio. Sebbene mi fossi dimesso
da tutto e non frequentassi più il Parlamento io andai a votare per Craxi.
Mi ringraziò e ci stringemmo la mano dopo i mesi di scontro cui mi aveva
costretto come sapeva fare con gli avversari e con i rivali primo dei quali
mi aveva eletto dopo avermi eletto per vent’anni primo cavaliere. Dopo le
oscillazioni di Achille Occhetto, il Pds veniva elaborando nella disfatta
storica del comunismo la strategia del cuculo di Massimo D’Alema,
cogliendo l’occasione di colpire a morte i socialisti per sostituirli
politicamente. Solo dopo cercò di sostituirsi anche alla Democrazia
cristiana. Marco Pannella, che voleva un martire per battersi per la Prima
Repubblica, lo invitò a consegnarsi. Ma Bettino Craxi non era un martire,
era un rivoluzionario istituzionale e un politico riformista che pur
essendosi ormai "arreso" – come confessò in TV a Giuliano
Ferrara quella sera stessa - sperava ancora nelle risorse di un potere che
lo aveva abbandonato, che lo voleva capro espiatorio, che lo sacrificò per
conquistare più potere o per salvarsi. Non è ingiurioso nè dimentico
della grandezza supporre che Craxi come Willy Brandt, come Helmut Kohl, come
Ronald Reagan, come Felipe Gonzales, nel corso di una lunga esperienza
politica e di governo, si sia qualche volta calato il passamontagna o "qu’il
aimait s’encanailler" come mi raccontò Gilles Martinet di François
Mitterand. Ma questa impressione non deve essere fuorviata: la continuità
non è tra Craxi e Previti ma nella condotta della procura di Milano e nel
"trattamento davvero speciale" riservato a una parte del mondo
politico in mezzo al plauso o all’ipocrisia dell’altra parte. Emule
altre procure, altri media. E’ soprattutto questo aspetto replicativo a
rafforzare l’idea che, se non subito, molto presto, in quegli anni novanta
sia entrata in campo più di una cabina di regia
"interdisciplinare" tra politica, magistratura, media e membri
dell’establishment determinando un corto-circuito tra panico e potere,
senza interruzioni di lucidità e spirito critico, senza verità, senza
pietas, senza lungimiranza.
Per
il resto la distanza tra un leader politico e un avvocato d’affari non
potrebbe essere maggiore e in dieci anni, con i protagonisti, le condizioni
della lotta politica e la scena mediatica sono cambiate al punto che il
nuovo assalto extraparlamentare alla politica non ha alcuna speranza di
sfondamento mentre dovrebbe averne molto più che allora la possibilità di
riforme nell’interesse del paese e della democrazia.
Vantaggio
democratico e personale
La
condizione di vantaggio democratico e poi anche quelle di vantaggio
personale dovrebbero consentire al premier di trascendere le campagne
ripetute degli avversari e, anche, le questioni giudiziarie che lo
concernono per concentrarsi sui problemi del paese. Il primato democratico
della politica democratica che Berlusconi giustamente rivendica si tutela
promuovendo l’interesse generale, anche in materia di rapporti tra
politica e giustizia.
Quanto alla sinistra è incredibile che nessuno alzi la voce contro gli sbandamenti massimalisti, il pacifismo che convive con le dittature e si scaglia contro l’America, i rigurgiti di giustizialismo che si manifestano non solo nelle piazze ma nella volontà di preservare l’uso politico delle indagini anche a costo di negare il primato della politica democratica. Non c’è tra i leaders della sinistra italiana un leader riformista, garantista, democratico interventista. Anche per questo commuove e fa riflettere che la voce di sinistra più equilibrata e coraggiosa sia quella di Adriano Sofri e provenga dalla cella di un carcere.
Claudio Martelli
- Pubblicato sul Foglio del 8 Maggio1946-47 (M.S.E.U.E. )
(Mouvement Socialiste pour les Etats-Unis d'Europe)
1946 :
"Comité international d'études et d'action pour les Etats-Unis socialistes d'Europe"
1947
si trasforma in « Mouvement Socialiste pour les Etats-Unis d'Europe »
Mozione
approvata dalla Conferenza internazionale socialista di Londra e pubblicata su « iniziativa Socialista » nell’anno II n° 7 il 1-15 aprile 1947 diretta da Adolfo Aniasi
PER
GLI STATI
UNITI D’EUROPA
1) Questa Conferenza di rappresentanti di organizzazioni socialiste e di membri di varie tendenze del movimento socialista in Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Grecia,Olanda e altri Paesi europei si impegna a lavorare incessantemente per il raggiungimento degli Stati Uniti Socialisti d’Europa.
2) L’Europa oggi è arrivata al bivio della storia. Due volte in una generazione essa è stata devastata dalla guerra. La terza guerra mondiale, combattuta con la potenza distruttiva dell’era atomica, cancellrà per sempre ogni traccia della sua civiltà, e tale guerra, tra gli Stati Uniti da una parte e l’U.R.S.S. dall’altre, rappresenta il probabile risultato delle attuali rivalità politiche economiche e strategiche.
3) Se la libertà non deve perire, l’unità dell’Europa deve essere basata sul socialismo libertario che é incompatibile con qualsiasi regime totalitario. Se il progresso economico deve continuare, è del pari indispensabile una economia pianificata, ma tale pianificazione deve essere attuata attraverso l’organica struttura di una vera democrazia sociale ed economica, basata sul controllo dei lavoratori, e non attraverso l’autorità del capitalismo monopolistico o della totalitaria burocrazia di Stato. Il suo obiettivo deve essere la libertà personale necessaria al pieno godimento da una parte di tutti, dei frutti della pianificazione. In tal modo i popoli d’Europa possono dare ,il loro insostituibile contributo alla prevenzione della guerra e alla costruzione di un ordine sociale logico e civile.
4) Gli Stati Uniti Socialisti d’Europa non faranno mai parte di alcun blocco basato sulla politica di potenza. Al contrario il movimento sarà uno strumento potente per assicurare l’amicizia fra i popoli d’Europa e quelli dell’U.R.S.S., e tra questi ultimi. Il Movimento degli Stati Uniti Socialisti d’Europa potrà rimuovere le rivalità nazionali del passato perchè sarà basato sulla collaborazione internazionale socialista piuttosto che su i contrasti nazionali del copitalismo e dell’imperialismo. Infine il Movimento domanderà la liberazione di tutti i poipoli soggetti, concedendo loro completa indipendenza da ogni oppressione capitalistica e rivolgendo loro l’invito a lavorare insieme ai lavoratori europei per porre le fondamenta di una Unione Mondiale Socialista.
5) Pertanto il Movimento Stati Uniti Socialisti d’Europa rivolge un appello ai popoli di tutti i Paesi perché lo assistano in questo compito immediato di salvataggio dell’umanità dalla distruzione completa insita nel sistema capitalistico e imperialistico della società.
6) Esso si appella specialmente a tutte le organizzazioni il cui scopo è di fare progredire il socialismo, la libertà e la pace, particolarmente i sindacati, le coperative e i partiti socialisti, perchè usino la loro influenza e i mezzi a loro disposizione per promuovere questo compito urgente e vitale.
Dagli Archivi della Gauche Européenne a cura di Gianni Copetti