" SPECIALE RELAZIONE" 
17 Marzo  2004  - da Stampare e distribuire -

 

 Il Coordinamento Nazionale alla fine dei propri lavori ha approvato la proposta della

 Presidenza di tenere un seminario di valutazione dei dati elettorali nel prossimo mese di aprile. 

E di tenere altresi' un Direttivo Nazionale nel mese di giugno dopo la consultazione referendaria.

 

RELAZIONE DEL PRESIDENTE ON. RINO FORMICA 

Non basta una buona idea perché una iniziativa generosa di animazione culturale-politica possa trasformarsi in un movimento organizzato.L’unità socialista è certamente una buona idea, ma essa non ha trovato accoglienza negli organi dirigenti ufficiali dello Sdi e del N.Psi, nonostante l’insofferenza di larga parte della periferia di questi partiti.Solo in Calabria è stato possibile dar vita ad una lista regionale di unità socialista nel centro-sinistra con la partecipazione di “Socialismo è Libertà”.La scelta dello Sdi di partecipare in nove regioni a liste  unitarie della Fed ha influenzato il comportamento dei socialisti, divisi in più formazioni, nelle altre cinque regioni. E’ difficile allearsi con un partito che nella stragrande parte del Paese affronta l’elettorato annunciando che la propria prospettiva politica è il superamento e la scomparsa della propria esperienza di partito autonomo nella sinistra italiana.Ed il difficile si è trasformato in impossibilità.La scelta del N.Psi  di essere nella casa della libertà, nella buona e nella cattiva sorte è uno splendido esempio di fede nella  indissolubilità del matrimonio. Dispiace constatare che la vita presente e futura dello Sdi e del N.Psi è ormai storia di destini personali che ha rotto ogni residuo legame  con la storia collettiva del popolo socialista, ferito ma non ucciso dalle terribili esperienze di questi ultimi 15 anni. In questa riunione del Comitato di coordinamento del Movimento, abbiamo il dovere di indicare  ai compagni, che ci hanno seguito e che ci hanno ascoltato, una linea coerente e dignitosa da  tenere nella prova elettorale del 3 e del 4 aprile.

  1. Escludiamo ogni sostegno alle liste di centro-destra.
  1. Dobbiamo sostenere i candidati socialisti del Movimento presenti nelle liste di centro sinistra interessate ad una esplicita prospettiva di rifondazione socialista.
  2. Riteniamo di non poter favorire liste che hanno il dichiarato scopo di superare e di spegnere la forza organizzata ed autonoma del socialismo.
  1. Nelle elezioni amministrative locali, il coordinamento regionale del Movimento darà le indicazioni opportune non confliggenti con l’orientamento nazionale.

Se il quadro post-elettorale ci consentirà di rispondere in forma univoca e senza difficoltà a questa domanda, vorrà dire che si è chiusa la  lunga e tormentata fase della transizione e si è aperto un secondo tempo che sarà al buio, perché il rimescolamento delle forze supererà vecchi e nuovi confini ed emergeranno revisionismi culturali sul tronco delle antiche culture politiche.  Come essere pronti a questo evento è il rovello che ci angoscia e che tanti socialisti “ ufficiali” vogliono rimuovere dai loro pensieri perché avvertono il grande divario che corre tra altezza del compito e modestia delle forze. Se, invece, il panorama del dopo elezioni sarà illeggibile o enigmatico, vorrà dire che è in atto un processo di assuefazione alla stagnazione e al pensiero povero della transizione e che il distacco dalla politica invaderà un’area vasta del Paese e produrrà una radicalizzazione fuori del sistema delle forze inquiete e compresse.Dopo le elezioni regionali ed i ballottaggi per le elezioni amministrative locali, ci toccherà affrontare il voto referendario. Anche noi abbiamo firmato per i referendum insieme a tanti laici e cattolici e, quindi,  voteremo SI’.Sui quesiti dei referendum e sul voto di astensione è in corso una vivace e a volte aspra polemica tra la Chiesa ed il resto del Paese.Per noi socialisti, educati alla scuola della  libertà, il nocciolo politico della questione non è  sul punto del diritto della Conferenza Episcopale a richiedere ai cattolici un atto di fede e di disciplina alla fede nel voto.     Altro è il nostro interesse. Vogliamo misurare l’ampiezza dell’area di consenso tra i cittadini del voto disciplinato all’indicazione della Chiesa.Una consistente area trasversale nel sistema  politico, retto da una legge maggioritaria, che sente il vincolo della fede come verità assoluta, pone un problema serio in una democrazia pluralista.Ci si allontana dalla laicità dello Stato e ci si avvia verso i lidi dello  stato confessionale.La ridotta unità nazionale tra cattolici su questioni religiose è una novità della seconda repubblica; ciò non avvenne nel passato per opera dei cattolici liberali De Gasperi e Moro.Le lacerazioni provocate nei due blocchi dopo la contesa referendaria si sommeranno alle fratture mai sanate in questi anni: l’inadeguatezza della Carta Costituzionale di fronte al radicale mutamento degli equilibri internazionali; la lotta tra i poteri istituzionali senza freni e senza i luoghi autorevoli della ricomposizione; l’assenza di un  futuro programmato del sistema produttivo; il dominio assoluto della finanza sull’industria residua; la crisi della coesione sociale e della saldatura tra generazioni.Con queste insofferenze dovremo affrontare un evento che per la prima volta si presenterà al giudizio degli elettori turbati e smarriti: in primavera del 2006 si voterà con una legge maggioritaria che trasformerà una maggioranza relativa del Paese in maggioranza assoluta del Parlamento, chiamato ad eleggere un Presidente della Repubblica per 7 anni ad un Governo per 5 anni.Si tratta di un esito certo che induce ad ipotizzare un clima di tensioni e di asprezze inedite per la storia repubblicana. Verrà al pettine il nodo avvelenato che ha incatenata la vita democratica del Paese: l’abolizione del sistema proporzionale a costituzione invariata

Questo errore di partenza che il messaggio di Cossiga alle Camere nel ’91 cercò di evitare, fu la declaratoria che indicò l’esaurimento creativo di una classe dirigente.In questi 15 anni la questione è stata messa in ombra, per pudore o per paura, nella speranza che il tempo risolvesse il problema. Ma il sovrapporsi di nuove e più complesse difficoltà richiede una  incontaminata freddezza di analisi ed un coraggio nell’azione politica straordinaria, e,  forse, inedita.I socialisti sin dalla fine degli anni ’70 con la proposta della Grande Riforma, si posero in prima linea per abbattere il mito primitivo e religioso della intoccabilità delle Tavole Costituzionali, ma lasciarono perdere l’occasione,  perché ritennero che la conservazione degli equilibri di sistema fosse condizione necessaria per la stabilità di governo.In questi anni i socialisti sono apparsi più dolenti che combattivi, più risentiti che riflessivi, più richiedenti che orgogliosi e non hanno saputo trasformare le nostre mutilazioni in risorsa vitale per fare appello alla cultura istituzionale, per poter aiutare il Paese ad uscire da un sistema paralizzato da due blocchi nati nella provetta di una forzata e innaturale legge elettorale.Nel presente i socialisti sono divisi e ciò non costituisce una novità assoluta. Sono, anche, sfiduciati. A questo punto notiamo una ambiguità sulla motivazione della sfiducia. Si può essere dubbiosi sul futuro del socialismo e si può essere depressi per insufficienza dei socialisti.Temo che si voglia coprire  lo sfinimento dei singoli con il dubbio nella prospettiva storica. Il caso non è infrequente quando si è pagato molto ed ingiustamente sul piano personale per una causa. Ciò serve a spiegare ma non a giustificare.Il N.Psi ha responsabilità politiche gravi e non perdonabili: ha rovesciato la nostra storia disperdendola su un terreno ostile per natura e per destino.Lo Sdi che ha preteso, con una consistenza irrisoria rispetto alla forza storica del socialismo italiano, di poter parlare a nome di tutta la tradizione socialista,  si è assunta una responsabilità imperdonabile: cancellare la presenza socialista dal sistema politico italiano per una conversione al prodismo, specie ibrida o, meglio, improbabile del giardino politico domestico. Nei prossimi  mesi la lotta politica in Italia sarà certamente influenzata e condizionata dalle vicende europee ed intercontinentali, ma l’urto dall’effetto imprevedibile sarà dato dallo scontro di tutti contro tutto per il controllo del potere istituzionale e dal peso che eserciterà la Chiesa nel far valere la sua Tavola dei principi e dei valori. La sinistra italiana travolta dalla sconfitta del comunismo e mutilata dalla creatività socialista, ha accettato il falso luogo comune della fine della ideologia e ha dato il passo ad ideologie neoconservatrici che hanno fatto terra bruciata delle politiche della liberazione dal bisogno, dalla paura e dall’oppressione.In un mondo attraversato dai timori e dalle incertezze, milioni di esseri umani cercano nel trascendente le nuove indiscutibili autorità ed accettano la superiorità  della legge religiosa su la legge degli uomini.Il nostro Movimento è piccolo e non possiamo attendere la crescita per poter influire in un sistema che lascia alla politica il compito di fare, di conquistare la “roba” e di tutelare gli interessi e assegna alla religione l’ufficio di tutore delle coscienze  e di fonte della verità assoluta dopo il fallimento delle ineluttabili leggi della storia.Entro l’anno si delineeranno gli scenari possibili che l’esito del voto del 2006 selezionerà e che ci consegnerà per un periodo medio-lungo.I progetti intorno ai quali febbrile è l’opera delle vecchie volpi della raffinata scuola italica dell’essere e del non essere sono due: 

  1. A sinistra il progetto della Fed. Esso forse non mira al partito unico dei Ds, della Margherita e dello Sdi, ma a fissare l’egemonia dei cattolici sociali su la sinistra storica marxista. L’operazione è destinata all’insuccesso perché non è sufficiente la capitolazione dello Sdi, occorre lo scioglimento del più forte partito post-comunista d’Europa e una collocazione nel parlamento europeo fuori della famiglia socialista.

  1. Tra i moderati del centro destra e con rapporti solidi nel centro del centro sinistra, sono in corso grandi manovre per la formazione di una grande area che non sarà la riproduzione fisica della Dc ma la reincarnazione dell’anima degasperiana del partito dei cattolici. De Gasperi costruì una realtà politica su solide basi: sicurezza democratica occidentale e gradualismo sociale. Gli ingegneri della nuova piattaforma logistica, liberalcristiani e socialcristiani lavorano intorno a due pilastri: forte apertura al capitale e al lavoro e accettazione in piccole dosi di un mite stato confessionale.

Questo è il progetto più forte che ha anche un punto debole: vive solo     all’interno di un sistema elettorale proporzionale. La spiegazione più lucida è stata data dall’accorto e lungimirante on. Andreotti. Vi sarebbe un terzo progetto: il neo-lombardismo di Bertinotti. Però tutti hanno capito che si tratta di una opposizione di sua maestà che intende arrecare molestia ai Ds. Non vale la pena addentrarsi in una sofisticata analisi. L’assenza di un progetto socialista per la soluzione della crisi italiana ha origini in due cause rilevanti:

  1. La crisi della cultura revisionistica dei socialisti. Dopo il Midas Craxi lanciò la parola d’ordine: prima vivere e poi filosofare. Ma vivere voleva dire: vivere collettivo; e il tempo di filosofare venne presto: all’inizio dell’80 con  Rimini e la conferenza programmatica. In questi quindici anni il prima vivere dei socialisti è stato un prima sopravvivere dei singoli con qualche opportunismo di troppo; il tempo del filosofare, invece, non è mai arrivato.
  1. Il complesso d’inferiorità dei diessini nei confronti dei cattolici ed il loro complesso di superiorità nei riguardi  dei socialisti. L’attuale polemica interna ai Ds sulla fine del dalemismo e sulla debolezza del fassinismo, fa pensare che qualcosa nel profondo del partito potrà riemergere presto.

E’ aperta una discussione all’insegna della ricerca di nuove soggettività politiche. L’oggetto misterioso di questa fase è il socialismo italiano.Che fanno, che pensano, che dicono i socialisti nessuno lo sa!

Chi è appagato dal lancio pubblicitario della parola riformismo, deve sapere che si tratta di un trucco deviante per far cadere nell’oblio la impronunciabile parola: socialismo. Vi sarà pure una ragione se post-democristiani e post-comunisti convergono sull’uso fraudolente del termine riformismo. C’è sicuramente la cattiva coscienza perché nel passato il riformismo fu da loro sempre osteggiato, ma c’è anche lo sforzo di evitare di fare i conti con un socialismo senza frontiere.Un socialismo più pragmatico e più intriso di vecchi e di nuovi valori.Il socialismo ha fatto i conti con la democrazia ma resta ancora ambiguo il suo rapporto con la religione ed i suoi vincoli; ed è certamente non  risolto il nesso tra socialismo e libertà,  libertà intesa come libertà della persona nel rispetto della libertà della comunità. I socialisti oggi sono deboli perché sono stati incastrati nelle pastoie del potere quotidiano ed hanno rinunciato dopo l’89 a rilanciare il nuovo progetto di vita e di civiltà. So bene che è troppo tardi, ma so anche che se non troviamo il sentiero per obbligare tutta la sinistra di popolo a rivisitare e revisionare la esperienza della sinistra storica italiana in una Rimini 2,  la destra ed il moderatismo sfonderanno nelle nuove generazioni con nuovi e disinvolti modelli culturali di vita.Dobbiamo sapere che nei prossimi mesi, alla vigilia delle elezioni del 2006, tutte le forze di potere giocheranno la loro partita sino in fondo. La società richiede la ricomposizione delle rotture  dei primi anni novanta.Ogni restaurazione non può imporre il passato come era. Occorre un inventario dei mutamenti avvenuti e delle novità rifiutate. La lotta furibonda è per la conquista del sistema.Due sono i campi dove si sprecheranno i colpi bassi: il nuovo assetto istituzionale e la ricerca di un diverso equilibrio tra i poteri.Siamo un nucleo piccolo ma resistente che conosce la ferrea legge dei rapporti di forza e che ha appreso, nelle tempeste attraversate, la potenza che può sviluppare una coscienza critica nella vasta area, stagnante e disorientata, di una sinistra che vuole vincere senza convincere. Dopo il referendum valuteremo se le nostre forze sono all’altezza delle difficoltà di sistema e se siamo in condizione di stimolare una elaborazione creativa di un socialismo moderno e revisionista, che sia senza frontiere nell’azione, perché  dovrà rivolgersi a tutto il Paese, e che abbia una visibile frontiera ideale per sostenere un progetto di vita e di civiltà.

La nostra analisi non è visionaria perché pensiamo di poter vedere delle soluzioni possibili; ma se essa non diventerà corale nella sinistra tutto sarà rinviato ad un tempo imprevedibile.

Il nostro augurio è che con le elezioni vi sia una scossa salutare. Con il Direttivo da convocare per giugno, faremo il nostro esame di coscienza. Oggi il nostro dovere è di sostenere con slancio i compagni che hanno deciso di affrontare la prova elettorale.Ciò che abbiamo detto è solo un promemoria per il domani.

             Il Presidente Nazionale
                Socialismo è Libertà 
                 On. Rino Formica