Caro Direttore,
A maggio si voterà per il Parlamento Europeo. Il Governo ha incautamente abbinato a questa elezione il rinnovo parziale delle amministrazioni locali.
La saldatura tra temi europei e argomenti locali avverrà sul punto dei vincoli comunitari ai bilanci delle pubbliche amministrazioni.
Ecco la parola chiave che dominerà il dibattito politico dei prossimi giorni e che si aggiungerà all’altra parola chiave: vincolo estero + spread. Vincolo estero come simbolo della perdita di sovranità nazionale e spread come immagine del signoraggio del mercato finanziario.
Lo spread è il prezzo che paghiamo perchè gli Stati hanno rinunciato con la globalizzazione senza regole a imbrigliare le selvagge attività speculative.
Invece, l’accettazione del vincolo estero come unilaterale cessione di sovranità nazionale, è questione tutta nostra.
Il vincolo estero come riformismo dall’alto dell’Europa, fu la soluzione che ispirò le elitès del centrismo illuminato di Carli e di Andreatta.
Il loro lucido pessimismo mutò pelle con il trasformismo dei governi della 2° Repubblica.
Fu la legge costituzionale dell’18 ottobre 2001 ad incidere il principio di sovranità nazionale. All’art. 117 della Carta fu inserito un comma suicida:
“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
Poi arrivò la legge costituzionale 20 aprile 2012 che introdusse il pareggio di bilancio per lo Stato e per la pubblica amministrazione e che riformò gli artt. 81,97, 117 e 119 della Carta.
Il comma 6 dell’art.1 della legge costituzionale, rimandava ad altra legge costituzionale la definizione dei contenuti della legge di bilancio, delle norme fondamentali e dei criteri volti ad assicurare il contenimento dell’indebitamento e l’equilibrio tra entrate e spese di bilancio.
Questa legge non poneva in discussione la sovranità nazionale o l’autonomia del Parlamento.
Aveva una insufficienza: non modificava la norma sul vincolo all’ordinamento europeo introdotto nel 2001.
Fu la legge costituzionale di attuazione, 24 dicembre 2012, che andò oltre le modifiche costituzionali sul pareggio di bilancio.
Si introdusse il vincolo all’ordinamento europeo per l’oggi e per il domani.
Subito dopo il Presidente Monti firmò il Trattato del Fiscal-Compact.
Aver introdotto nella carta costituzionale il vincolo all’ordinamento europeo impedisce a qualsiasi governo del nostro Paese di poter chiedere tolleranza alle istituzioni europee.
Il paradosso è che gli italiani non sono più cittadini di uno Stato sovrano e non sono cittadini europei, perchè non esistono gli Stati Uniti d’ Europa.
La prossima campagna elettorale per la elezione del Parlamento europeo, sarà centrata su questi temi.
Affidare questo tema (la cessione della sovranità nazionale) al nazional-populismo è il suicidio politico della democrazia repubblicana.
Un largo schieramento di unità repubblicana deve chiedere l’abrogazione della legge costituzionale 24 dicembre 2012 e dell’art.117, primo comma.
Solo così si potrà andare in Europa per guidare il semestre italiano in condizioni di recuperata sovranità nazionale.
Sottovalutare queste pulsioni significa offrire legna al fuoco delle lacerazioni nazionali.
Fraterni saluti,
Rino Formica
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