CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
L’ex
ministro: «Sono maturi i tempi per un passo avanti nel
rapporto tra i due partiti, la Quercia ceda un pezzo della sua sovranità»
Formica: in Puglia un patto federativo tra Ds e socialisti
ROMA
— «A chi chiede di più ai Ds sulla
strada del revisionismo socialista, ricordo
che anticraxiani furono anche Andreotti,
Maccanico, De Mita e quindi chieda
anche a loro di rivedere il proprio antico
giudizio». Rino Formica, da senatore
ed ex ministro, conosce dal dentro
la storia del Psi. Edel congresso appena
concluso dice: «E' una svolta importante,
ma con un pericolo implicito: che
i diesse siano ancora tentati dall’autosufficienza, come è stato
negli anni dopo la caduta del Muro; e che i socialisti non compiano lo
speculare revisionismo che non hanno prodotto in questi quindici anni».
La conclusione è netta: «In Puglia, dove il dialogo tra i due soggetti
è più avanzato, si stringa un patto
federativo». E Vendola? «Rompa potere delle famiglie che ingessa la società pugliese e libererà così i ceti medi delle professioni, dell’imprenditoria». Formica,
quale significato ha l'apertura di Piero Fassino a Craxi? E si può
parlare di due Craxi come fa Flores d'Arcais? «Il
giudizio selettivo per periodi è ammissibile se si fa sull’equilibrio
cerebrale delle persone, tipico dei regimi autoritari. Invece
c’è un'ovvia continuità nelle azioni
delle persone e quindi Fassino ha fatto
un ragionamento complessivo. A chi
lo critica per aver inserito Craxi nella storia
della sinistra italiana - solo i dittatori cancellano i personaggi
ritenuti scomodi
e dunque la frase del segretario ds
è un’ovvietà - ai critici ricordo che storia
è sempre stata generosa, anche con i banditi della politica». Paolo
Sylos Labini invita però a tenere insieme morale e politica. Come la si
mette allora? «Il
moralismo politico è sempre stato presente
nella storia italiana. Salvo che stessa
storia ha poi mostrato che imoralisti spesso
sono i corrotti o i membri consorterie
parassitarie. Esiste una relatività
da tener conto: la Chiesa ci ha spiegato
la necessità delle contaminazioni morali
per il raggiungimento di fini spirituali».
Qual
è il fine della contaminazione suggerita
da Fassino? «Fassino
ha posto un problema politico, ha
chiuso la stagione in cui si è vantata l’anomalia
italiana, considerata anche esportabile
in Europa. E gli esponenti del
socialismo europeo ai diesse glielo hanno detto che questo non è possibile ».
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Se
lo aspettava questo approdo congressuale? «L’ho
capito quando D'Alema ha detto: stiamo per perdere la pazienza. Si
riferiva alla Margherita che vuole stare insieme alla Quercia, speculare
insieme e accentuare i caratteri distintivi rispetto un futuro
convergente. Si riferiva a Prodi che pretendeva omaggi religiosi quotidiani
e a cui ha detto: con noi hai un vitalizio sicuro. Oppure vai a casa. Si riferiva a Bertinotti, per dire: va bene Vendola candidato in Puglia, ma basta con le primarie. Infine si è rivolto allo Sdi, per aver sperato che i Ds non arrivassero mai all’approdo socialista. Questi quattro soggetti sono i perdenti dell’operazione diessina che oggi permette alla componente socialista di salire sulla bicicletta diventata tandem». Quindi
sono maturi i tempi perché Ds e diaspora socialista stiano insieme? «Sono
maturi i tempi per un passo in avanti. La svolta sarà decisiva e produttiva se metterà in crisi l’elettorato socialista che oggi è nel centrodestra. In questa direzione un ostacolo può essere posto dal Nuovo Psi». In
Puglia il suo ragionamento a cosa potrebbe portare? «I
Ds e i socialisti sottoscrivano un patto federativo, la Quercia faccia la cessione di un pezzo della sua sovranità in questo patto, piuttosto che in quello con la Margherita». Stefano
Folli, sul Corriere della sera, sostiene che ai vertici della Quercia
non ci sono socialisti e che quindi il problema persiste. Condivide
questa analisi? L’ex ministro socialista Rino Formica analisi? «Il
problema lo ascrivo ai socialisti che
hanno rinunciato a influire, con la battaglia
politica, sulla maturazione dei Ds».
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«Nei prossimi anni si produrrà una situazione quadripolare: con le due grandi forze da lei indicate; più una sinistra radicale e una destra nuova, non liberale né democratica esprimente posizioni xenofobe anche in economia, tradizionaliste, anche per ragioni religiose. Toccherà ai due partiti maggiori dare una disciplina democratica alle due radicalità ». Pensa
a un soggetto guidato da Casini o da Formigoni? «Penso
a Pisanu, che al consiglio nazionale di Fi ha posto una questione
dirimente: il vero nostro problema, ha detto, è
la conquista dei centristi del centrosinistra. In questa chiave va
considerato anche il permanere dell’Udeur nella coalizione, perchè
deve svolgere il ruolo di spinta sulla Margherita». E
la federazione dell’Ulivo? «E’
chiusa e le elezioni la liquideranno definitivamente,
non perché si perderanno, ma perché i partiti che la compongono
saranno concorrenziali nella raccolta delle preferenze». E
il partito riformista di cui ha parlato Veltroni? «La
sua evoluzione è nella traccia esistente che è il socialismo europeo
in Italia ».
E’
proprio vero che Vendola ha difficoltà a
raccogliere il consenso dei moderati? «Vendola
è un positivo elemento dinamico in una situazione stagnante. Se
Divella, invece di mettersi l'orecchino, avesse reso trasparente e
dinamica la società pugliese, abbattendo le consorterie delle vecchie
famiglie, avrebbe svolto un ruolo importante. Può farlo Vendola che ha
forza, capacità, preparazione, può rompere lui l’egemonia
familistica distribuita gerarchicamente: nelle imprese come nelle
professioni. Allora sì che il ceto moderato, compresso dai baroni e
dalle famiglie, risponderebbe positivamente». Lei
in questi anni ha pungolato i Ds sul revisionismo socialista: ora cosa
farà? «Spingerò
ché si realizzino gli obiettivi di
cui abbiamo parlato. In politica contano
tre cose: idee, tenacia, forza. Senza
quest’ultima le prime due non possono
sopravvivere a lungo. Il congresso dei Ds ha messo a disposizione
delle idee una forza che fino ad oggi si era autolimitata». Rosanna Lampugnani |