LETTERA DI RINO FORMICA : FIRMATE e FATE FIRMARE |
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<< Una raccolta firme per travolgere i
meschini desideri di chi parla a nome dei socialisti senza
titolo ! >>
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Cari Compagni,
l’Associazione non partecipò al Forum del 22 u.s. perché lo Sdi ed il Nuovo Psi avevano dichiarato, che non intendevano lavorare per una lista di unità socialista.
Il Forum non poteva risolvere la diaspora socialista perché essa riguarda sempre di più i vertici e sempre di meno i compagni che da soli hanno resistito sul territorio all’assalto anti-socialista.
Siamo convinti, oggi più di ieri, che non può ritornare forte e libera una iniziativa socialista senza una ribellione di base.
Abbiamo deciso di rivolgerci a tutti i compagni socialisti, perché sottoscrivano un appello semplice ed incisivo: vogliamo l’unità socialista.
Firmate e fate firmare!
Solo questa raccolta, copiosa e diffusa, può travolgere i meschini desideri di chi parla a nome dei socialisti senza titolo.
Ha ragione il portavoce dei Ds quando ricorda che solo i Democratici di Sinistra, a differenza dello Sdi e della Margherita, interpelleranno con un referendum gli iscritti sulla scelta della lista unitaria.
La nostra raccolta delle firme è un referendum tra il popolo socialista.
Fraterni saluti
STAND
DI RACCOLTA FIRME IN TUTTA ITALIA ... I
PROSSIMI ....
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LIGURIA
:
A La
Spezia - Lunedì 10 Novembre
dalle ore
16.00 alle ore 18.30 - Piazza Mentana
PIEMONTE
:
Vercelli
- Sabato 15 Novembre
dalla
Mattinata al Pomeriggio - Via del Mercato
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Chiunque volesse allestire nella propria città uno stand può farlo, per informazioni e materiale contattare : domanisocialista@libero.it |
SOCIALISMO è LIBERTA' A GENOVA : IL FORUM SOCIALISTA |
IL DOPO ELEZIONI ...... IN TRENTINO |
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Dal quotidiano "
Il Trentino " del 7 Novembre
Orgoglio
e rabbia
dei
giovani socialist
i
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ANCORA CONTRIBUTI DAI GIOVANI PER LO
SPECIALE
"
FUTURO SOCIALISTA"
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Non
c'è Futuro senza i giovani !
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L’impostazione di Formica di dare vita con Socialismo è Libertà ad una forte tensione sociale all’interno dell’area socialista, mirante all’obbiettivo di realizzare il partito unico di tutte le forze laico socialiste e riformiste è allo stesso tempo acuta e responsabile. Non sono nuovi i tentativi di coloocare i socialisti sotto uno stesso tetto al fine di porre fine alla diaspora socialista: il primo tentativo, bisogna darlo atto, è stato di Boselli nel 1998 quando diede vita alla “costituente socialista” che riuscì, con loSDI, a mettere insieme pezzi importanti della tradizione riformista, come i laburisti i socialdemocratici e i socialisti italiani, con l’impegno e il senso di responsabilità di autorevoli compagni come Schietroma, Intini e Martelli. Non sempre però Boselli è riuscito in questi anni a mantenere alta nei rapporti a sinistra una posizione critica ed autonoma dei socialisti, sino a ridurre al minimo anche il tasso di dialettica democratica all’interno del partito. Socialismo è Liberta ha il merito di avere dato forza al dibattito nel mondo socialista ed a sinistra, di avere fatto emergere a gran voce quel grande desiderio dei socialisti di ritrovarsi, in modo organizzato, uniti sotto lo stesso simbolo, dopo tanti anni di disgregazione e ghettizzazione politica. L’idea è anche responsabile perché non c’è futuro senza i giovani ed una nuova classe dirigente che possa domani essere interprete della tradizione socialista e dell’impegno per il rinnovamento della politica italiana.
Non credo che l’esito negativo del Forum dei socialisti che recentemente si è svolto tra lo SDI e il Nuovo PSI debba rassegnarci all’idea di non riuscire a riunificare l’area socialista in vista delle prossime scadenze elettorali. Il Forum Socialista, anzi, ha permesso di mettere a nudo le reali intenzioni e contraddizioni dei leader di quei partiti, soprattutto di Boselli che adesso con grande difficoltà dovrà spiegare alla base del partito come si concilia l’adesione al partito riformista prodiamo senza il rischio di uno scioglimento dello SDI, e quindi dell’identità socialista. Ma crediamo veramente che chi è socialista possa alle prossime elezioni europee riconoscersi in un probabile soggetto riformista che abbia come fondamenta ideologiche la tradizioni post-democristiana e post-comunista? L’obiettivo di creare la casa dei socialisti deve colpire al cuore e alle pulsioni del popolo socialista, discepoli di una gloriosa stagione di riformismo interpretato dall’ex Psi, e non rincorrere l’adesione di singole personalità, soprattutto se questi in modo cinico ed personalistico si rendono artefici di una ingiusta eutanasia politica dell’identità socialista. Diverso mi sembra l’atteggiamento di De Michelis e Bobo Craxi sulla reale volontà di creare una lista unica dei socialisti alle prossime elezioni, anche se a questi ancora manca il coraggio di porre fine ad una schizzofrenica alleanza con il centrodestra. Se il prossimo importante appuntamento per il rinnovo del Parlamento Europeo forse non rappresenterà il momento per una definitiva soluzione della diaspora dell’area socialista esso può essere il preludio per intraprende il cammino del partito unico dei socialisti nel prossimo decennio. Non ci scordiamo che l’ultima parola spetta sempre agli elettori. “Socialismo è Libertà” e Nuovo PSI sono uniti dallo stesso orgoglio e volontà di riscatto dei valori e della tradizione socialista, da una auspicata comune intenzione di aderire al PSE (che sarebbe osteggiata dallo SDI) da una diversa idea circa la collocazione politica tra gli schieramenti in Italia. In questa fase è più importante, con senso di pragmatismo, ritrovarsi sugli aspetti che uniscono rispetto a quelli che ci separano: Nuovo PSI e “Socialismo è Libertà”, insieme alle innumerevoli fondazioni e associazioni di stampo riformista e socialista presenti nel territorio, diano vita al “Partito del Congresso”, che con una forte campagna di riscossa socialista, sia in grado di parlare al cuore del popolo dei socialisti. Il nuovo soggetto politico unitario, all’indomani della competizione elettorale europea, attraverso un congresso, scelga democraticamente, interrogando la propria base, quale deve essere la coalizione in cui collocare il partito dei socialisti e riformisti in Italia. Solo così avremo fatto un passo avanti verso l’unità e dato voce al grande desiderio di unità che permane nell’elettorato socialista.
Finché nel popolo socialista persiste questa voglia di unità e di dare sempre più vigore alla memoria socialista, finché ci saranno i giovani che con grande entusiasmo e decisione manterranno sempre attuale e vitale una tradizione di cento anni di lotte dalla parte dei più deboli e per l’affermazione dei diritti civile e delle libertà individuali, nessuna corrente, anche la più energica ed impetuosa, riuscirà mai a spazzarci via!
Leanza Antonio – Responsabile Costituente PSE Catania e membro del coordinamento provinciale “Socialismo è Libertà” di Catania
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Il
crocifisso
ed
i nervi scoperti della Chiesa italiana
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E’ bene essere chiari, senza ipocrisie, almeno tra noi socialisti: il dibattito, il confronto e lo scontro tra laici e cattolici di questo Paese, è vecchio di un millennio. Nell’ultimo secolo, con l’avvento dei partiti di massa organizzati, e dello Stato moderno, lo scontro (per fortuna solamente verbale, ormai) si è trasferito nell’agone politico, per influenzare la nascente “società civile”. Questo fenomeno è talmente radicato nella nostra vita e nell’immagine che il nostro Paese offre di sé all’estero, che i libri di Guareschi, imperniati sulle vicende di un sindaco comunista di provincia (Peppone) ed un parroco di campagna (don Camillo) hanno fatto il giro del mondo intero.
Ora, è come se tra Peppone e don Camillo fosse piombato improvvisamente Khomeini. Sappiamo tutti, infatti, che una delle questioni principali in tutto il mondo odierno è il confronto con il fondamentalismo politico di matrice islamica.
E siccome questo è il problema, è bene affrontarlo senza ipocrisie. Quindi è bene chiedersi: esiste il concreto pericolo che il “khomeinismo” usi anche sentenze come quelle di L’Aquila per infiltrarsi nella nostra società, usando il nostro sistema giuridico, le nostre leggi, la nostra democrazia e la nostra civiltà, contro noi stessi? Perché, se noi stabiliamo che esiste questo pericolo, allora è bene prepararsi non solo a proteggere i nostri monumenti e gli obiettivi “sensibili”, ma anche leggi e tradizioni. E se deve esserci guerra, allora anche qualche tono da Crociata, come quelli ascoltati in questa settimana, è giustificabile: à la guerre comme à la guerre, diceva Napoleone.
Invece, fermo restando che tutto è sempre possibile, almeno in linea teorica (ma il nostro sistema legislativo e politico mi sembra sufficientemente in grado di difendersi da solo, da questo tipo di assalti), non mi sembra realistico questo tipo d’ipotesi. Credo che la galassia di movimenti e sigle terroristiche che innalza l’integralismo islamico a propria bandiera, e che predica la Jihad, non sia strutturato per questo tipo di lotte politiche: se tu prepari i tuoi adepti al martirio e alla guerra, non puoi al contempo vestirli in giacca e cravatta ed addestrarli al dibattito politico. E’ molto difficile essere contemporaneamente guerrieri ed oratori. E poi, si dimenticano dei fatti fondamentali: in nessun Paese Occidentale esistono (per ora?) vaste parti dell’opinione pubblica che siano ideologicamente vicine al khomeinismo. Al contrario, vari indizi ci dicono che la maggioranza dei circa 15 milioni di mussulmani d’Europa, è moderata e filo-occidentale. Infine, c’è un fatto indiscutibile: dal momento che Al Qaeda e gli altri movimenti simili vivono nella clandestinità, e nessun governo (almeno ufficialmente) intrattiene rapporti con loro, un partito che facesse in qualche modo riferimento a questi movimenti, avrebbe seri problemi di legalità e di sopravvivenza. Non c’è un Paese de “l’islamismo reale”, a parte l’Iran, che però ha un grave limite: è un Paese sciita, mentre la gran parte dei movimenti integralisti sono di matrice sunnita.
Piuttosto che fare ipotesi assurde, quindi, sarebbe bene concentrarsi sul presente e sul possibile. La reazione di una parte della Chiesa cattolica, e del mondo politico che ad essa si richiama, è apparsa fuori luogo e dettata da altri fini, piuttosto che non quelli della difesa del crocifisso a scuola. Sì, d’accordo, la sentenza è sbagliata e la richiesta di Adel Smith è stata assurda e da rigettare. E con questo? Che bisogno c’era, come ha fatto Ciampi, di parlare del crocifisso come di un “simbolo della nostra identità culturale e religiosa, da difendere ad ogni costo”? Anche il Colosseo a Roma e l’Arena di Verona sono simboli evidenti del nostro passato e delle nostre radici culturali, con ciò si pretende di riaprire i “giochi gladiatori”? E la Santa Inquisizione, che purtroppo di santo aveva solo il nome, e che in nome di Cristo ha ucciso tantissimi innocenti, o comunque gente che non meritava punizioni così atroci? Vogliamo rifare i roghi delle streghe? O rendere di nuovo legale la schiavitù?
La scelta dei simboli e delle nostre radici culturali, come si vede, andrebbe fatta con molta attenzione e ponderazione, con un occhio rivolto alla tradizione, ed un altro al nostro prevedibile futuro prossimo.
Non potendo trattare questi argomenti qui ed ora, mi limito ad osservare che una parte (spero non maggioritaria) del mondo cattolico italiano, ha dei nervi scoperti, che riguardano i rapporti con lo Stato, la laicità delle istituzioni, la crescente secolarizzazione della società italiana. C’è chi comincia a vedere l’altra faccia della medaglia di questo papato tanto (e in gran parte giustamente) celebrato: il Papa polacco è famoso e stimato in tutto il mondo, compreso il mondo islamico, la Chiesa cattolica è cresciuta in prestigio e potere presso le altre fedi, ma la secolarizzazione della società e dei fedeli procede senza sosta. C’è chi, invece di riformare la Chiesa cattolica in senso moderno, vorrebbe fermare il naturale cammino della nostra società verso la modernità. Ed è contro queste persone che noi dobbiamo levarci, in maniera pacifica e democratica, ma anche in modo fermo e deciso: il compito più grande che ci attende nei prossimi anni, infatti, è quello di trasformare l’Italia e l’Europa in società autenticamente multicbulturali e multireligiose, senza dimenticare o rinunciare alla nostra identità, ma interpretandola in maniera sempre più laica.
Sarebbe bene che i sapienti della Chiesa, che ci sono, si rendessero conto che non è il laicismo moderno a minacciare la sopravvivenza delle religioni, ma il loro rifiuto a confrontarsi con la contemporaneità.
I prossimi anni, soprattutto dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II e la scelta del suo successore, dovranno essere dedicati, dai fedeli, alla riscoperta della fede, e ad una profonda riflessione sulla propria identità: la Chiesa cattolica, e tutta la cristianità, dovrà “fare la traversata del deserto” verso una nuova Terra Promessa, altrimenti avrà grossi problemi a farsi capire dai giovani, dai non cristiani, dagli spiriti più inquieti. Oggi, fortunatamente, al di fuori di alcuni Paesi ed aree d’islamismo radicale, nessuno minaccia la vita dei cristiani, il comunismo ateo sta scomparendo, e perfino l’universo “no global” ha, al suo interno, importanti componenti cristiane.
Opinione. La proposta della maggioranza dei Ds per la lista unica alle europee
La
proposta di una lista unica delle forze dell’Ulivo alle prossime elezioni
europee, in funzione della costituzione di un partito unico riformista, pone a
tutti gli uomini e le donne della sinistra italiana una questione di rilevanza
storica e politica tale da richiedere un vero percorso congressuale
straordinario.
In poche settimane invece, questi uomini e queste donne saranno chiamati a
decidere con procedure, allo stato poco chiare e inadeguate al quesito posto,
se nel nostro paese debba ancora esistere un partito della sinistra che si
richiama alla storia e alla tradizione del socialismo italiano e
all’attualità del socialismo europeo. È una questione che tocca da vicino
soprattutto quei socialisti, che non avendo mai rinuciato alla possibilità di
avere anche in Italia un grande partito socialista, avevano aderito con
entusiasmo al progetto dei Democratici di Sinistra - Pse.
L’idea di raccogliere in un unico partito tutte le sinistre, che dopo la
caduta del muro di Berlino si riconoscevano nell’Internazionale Socialista e
nel PSE, accompagnata dal processo di riaggregazione in nuovo soggetto
politico di tutte le forze di centro dell’Ulivo, era un primo passo verso la
semplificazione del quadro politico italiano.
Questo processo ha incontrato resistenze e oggettive difficoltà: i DS non
sono diventati il partito unico del socialismo europeo in Italia e la
Margherita non raccoglie tutte le forze del centro.
Vale la pena continuare a lavorare a sostegno di questi processi o girare
pagina e aprirne un altro? È possibile pensare oggi al partito riformista
unico senza che questi processi si siano conclusi?
Io non sono contrario in via pregiudiziale ad alcuna innovazione ma sono
convinto che saltare le tappe fondamentali di un percorso e cercare le
scorciatoie può allontanare dalla meta prefissata. Nelle attuali condizioni
la proposta del Partito riformista non risolve i problemi aperti e rischia di
creare un contenitore senz’anima.
Non risolve, infatti, il problema della collocazione di questo nuovo soggetto
nell’ambito dello schieramento politico europeo; e, propone l’adesione
preventiva ad un nuovo partito senza prima averne definito il profilo politico
e insieme il programma: quale riformismo? Inoltre, non semplifica e non riduce
la frammentazione all’interno dell’Ulivo.
I Verdi, il PdCi e l’Udeur hanno già detto no e nessuno può escludere che
proprio il progetto del partito riformista unico possa indurre la nascita di
ulteriori formazioni politiche.
Infine, in un momento così deliccato per l’Europa e per l’intera umanità,
sarebbe auspicabile che i socialisti e i popolari italiani che si riconoscono
nell’Ulivo, anziché proporre un’altra anomalia tutta italiana, fossero più
impegnati all’interno dei partiti europei di riferimento per ontribuire alla
definizione di un progetto unitario in grado di offrire soluzioni ai problemi
della pace e delle nuove disuguaglianze.
In Italia, i socialisti, prima e più degli altri, hanno sperimentato e
praticato la contaminazione di diverse culture e tradizioni; sono stati da
sempre attenti ai problemi dell’innovazione e al rapporto tra questa e la
velocità della politica, l’unica accusa che a loro non può essere rivolta
è di essere conservatori o nostalgici.
Questa cultura ha portato me, insieme a tantti compagni, a dare vita al
movimento Laburista e a partecipare insieme ad altri al progetto dei Ds per la
costruzione, anche in Italia, di un moderno e grande partito socialista.
L’obiettivo non è stato ancora raggiunto ma noi non abbiamo cambiato idea.
Riformista è un aggettivo che si abbina bene al sostantivo socialista, essere
riformista è nella natura e nella storia dei socialisti. Per queste ragioni
mi sento impegnato a sostenere il no alla proposta, formulata dalla nuova
maggioranza dei Ds, di lista unica alle prossime elezioni europee e ritengo
necessario un dibattito trasversale all’intero schieramento di centro
sinistra con modalità e tempi adeguati.
( Francesco Barra )
Direzione Nazionale Ds - Coord. Socialismo è Libertà
UN CALOROSO SALUTO
........
.......... LOTTERMO ANCHE PER TE !
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