"IL PARTITO SOCIALISTA UNITARIO (1949-1951) – 2°"
26-02-2019 -da "La Rivoluzione Democratica" di Ferdinando Leonzio
Il Partito Socialista Unitario (PSU) del 1949-51, il 2° con questo nome in
Italia[1],
sorse, nel corso di un congresso di unificazione tenuto a Firenze dal 4
all´8 dicembre 1949, dalla convergenza di tre formazioni socialiste:
l´Unione dei Socialisti (UdS), allora con segretario
Ignazio Silone, Il Movimento
Socialista Autonomo (MSA), con leader
Giuseppe Romita e la
sinistra del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), cioé la
sinistra socialdemocratica, che aveva il suo esponente piú illustre in
Ugo Guido Mondolfo, direttore
della celebre rivista turatiana
Critica Sociale.
Vogliamo qui ricordare i percorsi seguiti da tali componenti per arrivare
a convergere in un unico partito, il PSU appunto, e la breve parabola di
quest´ultimo nello scenario socialista italiano degli anni ´40 e ´50 del
secolo scorso.
1
- L´unione dei Socialisti (UdS)
nacque dalla confluenza di tre raggruppamenti: A)
Europa Socialista
Con la scissione di Palazzo Barberini con cui fu fondato il PSLI (11-1-1947)
non tutti i socialisti si schierarono per uno dei due partiti socialisti
ormai in campo, cioé il PSI e il PSLI. Ci furono molti nella massa degli
iscritti che, sfiduciati per la clamorosa rottura, non vollero aderire né
all´uno né all´altro e preferirono ritirarsi dall´attivitá politica.
Anche a livello di
quadri dirigenti ci fu chi non volle schierarsi: in particolare
Ignazio Silone, direttore di
Europa Socialista[2],
giornale che dava pieno sostegno ai progetti federalisti, descriveva le
varie realtá socialiste europee[3]
e soprattutto si batteva per un progetto di riunificazione socialista. Visti
fallire i suoi sforzi in tale direzione, esso cessò le pubblicazioni il 20
luglio 1947, ma i suoi fiancheggiatori costiturono un gruppo di pressione,
sotto forma di „Comitati d´Azione per l´Unitá Socialista“, con un proprio
Comitato Centrale, che riuniva esponenti dei gruppi che avevano collaborato
col settimanale ed aveva la funzione di coordinare i simpatizzanti locali,
al fine di operare in favore della riunificazione del socialismo italiano.
La sempre piú marcata
divisione del mondo e della politica italiana in due blocchi e le posizioni
autonomiste di Silone e del suo gruppo, costringeranno tuttavia
Europa Socialista ad abbandonare
ogni equidistanza tra PSI e PSLI e a schierarsi con i gruppi ad essa piú
affini, e cioé con i socialisti piú decisamente favorevoli ad un´autonoma
politica socialista, fortemente critica con il comunismo.
B)
Il Movimento di Azione Socialista-Giustizia e Libertá.
Il Partito d´Azione (PdA), di orientamento liberalsocialista, che giá nel
febbraio 1946 aveva subito la scissione della sua ala liberaldemocratica[4],
in seguito ai deludenti risultati alle elezioni per la Costituente (1,4 % e
7 seggi), entro´ in profonda crisi, al punto che, dopo avere esitato fra PSI
e PSLI, il Consiglio Nazionale, con 64 voti favorevoli[5]
e 29 contrari, il 19-20 ottobre 1947, a Roma, decise lo scioglimento del
partito e la sua confluenza nel PSI.
La minoranza, invece,
guidata da Tristano Codignola[6]
diede vita (29-30/12/1947) al Movimento d´Azione Socialista- Giustizia e
Libertá (MAS-GL), supportato dal quotidiano
L´Italia Socialista[7],
diretto da Aldo Garosci e Paolo Vittorelli.
I protagonisti della nuova formazione si presentavano come „socialisti
democratici del PdA“ che si proponevano di „continuare a lavorare, anche in
pochi, per l´unitá del socialismo democratico“.
Posizione, come si vede, analoga a quella di Europa Socialista.
C)
L´estrema destra autonomista del PSI
Il XXVI congresso del
PSI (Roma, 19-22/1/1948), tenuto in vista delle imminenti elezioni politiche
del 18 aprile 1948, si pronuncio´, col 99,43 % dei delegati per il Fronte
Democratico Popolare formato da PSI, PCI ed altri gruppi minori. Diversi
furono pero´ i risultati congressuali a favore della lista unica del Fronte,
approvata solo dalla sinistra del partito col 66,8 %. A votare contro tale
ipotesi (32,7 %) fu la componente autonomista rimasta nel partito, dopo la
scissione di Palazzo Barberini, capeggiata da Giuseppe Romita. Ci fu pero´
una frangia estrema degli autonomisti, guidata dall´ex segretario del
partito Ivan Matteo Lombardo che
si pronuncio´ contro non solo alla lista unica, ma anche al Fronte, con un
minuscolo 0,55 %.
Da quest´ultimo gruppo la battaglia interna per l´autonomia fu considerata
ormai impossibile e percio´ si oriento´ per una nuova scissione.
Infatti, il 7 e l´8
febbraio 1948 Ivan Matteo Lombardo, lasciato il PSI, partecipo´ a Milano,
nella sala del Gonfalone del Castello Sforzesco, assieme al gruppo di
Europa Socialista di Silone e
a quello degli ex azionisti di Codignola e alla presenza di Mondolfo, in
rappresentanza del PSLI, ad un „convegno nazionale dei socialisti
indipendenti“, che si concluse con la creazione di un nuovo soggetto
politico, l´Unione dei Socialisti
(UdS), con segretario Ivan Matteo
Lombardo e vicesegretario Marco Alberto Rollier.
Il nuovo partito si proponeva di promuovere, „nell´ambito del socialismo
democratico“[8],
la „formazione di un´efficiente unitá delle forze socialiste italiane“.
Il successivo 12 febbraio UdS e PSLI stipularono un accordo per costituire,
per l´elezione del nuovo parlamento del 18 aprile 1948, un cartello
elettorale denominato Unitá Socialista, con simbolo il sole nascente. Esso
ottenne un buon 7,1 % ed elesse 33 deputati[9].
Il 31 gennaio 1949 Ivan Matteo Lombardo, con un gruppo di suoi sodali[10],
lascio´ l´UdS per passare al PSLI, nella cui ala destra ando´ a collocarsi.
Gli subentro´, alla testa dell´UdS,
Ignazio Silone.
2
–
Il Movimento Socialista Autonomo (MSA)
Grave fu invece la sconfitta del Fronte Democratico Popolare (FDP), passato
dal 39,7 % ottenuto da PSI e PCI nel 1946 al 31 % del Fronte nel 1948.
All´interno della coalizione frontista il PSI subí un´ulteriore sconfitta
perché, a causa del gioco delle preferenze, ben orchestrato dal PCI, ottenne
solo 46 deputati sui 183 complessivi del FDP.Tutto cio´ causò un gran
fermento nel partito e, in particolare, nella sua ala destra, gli
autonomisti romitiani. Essi, infatti, chiesero lo scioglimento non solo del
FDP, ma anche del Patto d´unitá d´azione con il PCI, l´avvio di una
riunificazione con le altre forze socialiste e una convinta permanenza nel
COMISCO[11].
Nel PSI l´immediato contraccolpo ai deludenti risultati elettorali si ebbe
nel XXVII congresso, tenuto a Genova nel giugno 1948. Esso segno´ infatti la
sconfitta della sinistra interna[12]
(31,50%), che ancora si attardava ad insistere con la politica unitaria col
PCI, la vittoria della mozione di centro[13]
(42 %) e una notevole affermazione di quella di destra[14]
(26,50 %). Risultato, quest´ultimo, piuttosto apprezzabile, se si considera
che moltissimi autonomisti avevano giá lasciato il PSI in seguito prima alla
scissione di Saragat (gennaio 1947) e poi a quella di Ivan Matteo Lombardo
(febbraio 1948)[15].
Evidentemente la sconfitta non aveva insegnato nulla, poiché nei mesi
successivi la lotta di frazione continuo´ a infuriare. Gli autonomisti si
dotarono di un proprio organo di stampa[16],
Panorama Socialista, e
Romita elaboro´ un documento (firmato anche da 25 parlamentari socialisti di
varia scuola), inviato all´UdS, al PSI e al PSLI, con cui li invitava alla
riunificazione, ma senza fortuna[17],
rilasciando in merito un´intervista al giornale
La Libertá, in seguito alla quale
fu deferito ai probiviri del PSI e sospeso per sei mesi.
Il XXVIII congresso del PSI (Firenze, maggio 1949) si concluse con il
ritorno, alla guida del PSI, della sinistra interna di Nenni e Morandi
(50,06 %), vittoriosa rispetto alla mozione centrista „Per il Partito, per
la classe“ (39 %) e a quella di destra „Per il socialismo“ di Romita e Dalla
Chiesa
(9,50 %).
Chiusosi il congresso,
lo stesso giorno, il 16 maggio 1949, Giuseppe
Romita e altri dirigenti della sua corrente dichiararono che non
intendevano rinunciare alla lotta per la unificazione socialista,
nell´ambito del Comisco.
Il 21 maggio seguente la Direzione del PSI prese atto che il gruppo
dirigente autonomista, dopo aver lanciato un appello per una „Costituente
socialista“ e aver costituito un „Comitato provvisorio degli autonomisti del
PSI“[18],
che lo stesso giorno partecipo´ ad un „Convegno nazionale di riunificazione
socialista“ con l´UdS, alla presenza di Mondolfo (segretario del PSLI) e di
un rappresentante del Comisco, si era messo fuori del partito.
Numerosi, tra gli scissionisti, i sindacalisti della CGIL, come Renato
Bulleri, Enzo Dalla Chiesa, Arturo Chiari e Italo Viglianesi.
Poco dopo gli autonomisti romitiani si organizzarono in Movimento Socialista
Autonomo (MSA), che, d´intesa con l´UdS, propose al PSLI un congresso di
unificazione.
3
- La „Corrente per l´unitá socialista“ (sinistra del PSLI)
La socialdemocrazia italiana che si era costituita a palazzo Barberini nel
gennaio 1947 con la denominazione di PSLI era un partito inizialmente
dominato dalle sue correnti di sinistra, cioé „Iniziativa Socialista“ e la
sinistra di „Critica Sociale“. Ma l´afflusso di nuove leve di iscritti ne
aveva presto spostato a destra l´asse politico, e quindi il partito aveva
delineato una nuova e diversa strategia, impersonata soprattutto da Giuseppe
Saragat. Lo si vide quando, alla fine dell´anno, il PSLI decise di entrare
nel governo De Gasperi (DC), il quale coltivava un chiaro disegno centrista.
Questa scelta provoco´ subito qualche emorragia[19],
ma soprattutto costituí, per vari anni, causa di divisione tra coloro che
volevano un partito libero da condizionamenti nazionali ed internazionali,
sia a sinistra (PCI e URSS) che a destra (DC e USA) e quelli invece
orientati ad integrarsi nello schieramento occidentale. Ossia tra
neutralisti (le sinistre interne) e occidentalisti. Ulteriore causa di
divisione, alla precedente strettamente connessa, fu l´adesione dell´Italia
al Patto Atlantico, osteggiata dalla sinistra e fortemente voluta dalla
destra socialdemocratica, ormai divenuta maggioritaria nel partito, al punto
da costringere alle dimissioni il segretario Ugo Guido Mondolfo, esponente
del vecchio riformismo classista.
La polemica tra le due anime del PSLI esplose virulenta in occasione del
terzo congresso del partito svoltosi a Roma nel giugno 1949, vinto dalla
mozione di „Concentrazione Socialista“, che ragruppava tutte le destre sotto
la guida di Saragat, col 63,88 % contro le mozioni unificate di
centro-sinistra e di sinistra, che ottennero il 35,15 %.
In ballo c´erano la partecipazione ai governi centristi e l´unificazione dei
socialisti fuori del PSI.
A proposito della quale, mentre la sinistra era decisamente favorevole ad un
congresso di unificazione, fortemente voluto anche dal Comisco, tra le forze
interessate (PSLI, UdS e MAS), la destra propendeva, non a caso, per un
ingresso nel PSLI dei singoli membri degli altri due raggruppamenti.
Infatti essa temeva che ad un´eventuale assemblea costituente per la
fondazione del nuovo partito unificato, la somma degli iscritti di UdS, MAS
e sinistra socialdemocratica[20],
potesse consegnare la maggioranza del nuovo partito alla sinistra, con grave
pregiudizio per la partecipazione governativa del partito, dalla destra
fortemente voluta e difesa.
Dell´esito del congresso del PSLI rimasero insoddisfatti sia il MSA,
contrario al governo a direzione democristiana, che l´UdS, che si dichiaro´
contraria all´egemonia democristiana sul governo, oltre che a quella
comunista sulla sinistra.
Tali prese di posizione allarmarono la nuova direzione di destra del PSLI
(ora guidato da Ludovico D´Aragona), timorosa che nel nuovo partito
prevalessero le tendenze neutraliste e antigovernative, al punto che, il 31
ottobre 1949, essa annuncio´ il ritiro del PSLI dal congresso di
unificazione, giá fissato per il 4 dicembre 1949.
La scissione era ormai inevitabile. Il 3 novembre 1949 il „comitato centrale
della corrente per l´unitá socialista“ dichiaro´ di non riconoscere la
decisione della Direzione di destra del PSLI, contraria al mandato
congressuale e di voler procedere verso l´unificazione con gli altri gruppi
nell´apposito congresso, giá fissato a Firenze dal 4 all´8 dicembre 1949.
Il „Comitato centrale di
coordinamento e di controllo per l´unificazione socialista“, in cui la
sinistra del PSLI era rappresentata da
Ugo Guido Mondolfo e da Giuseppe
Faravelli, dunque continuo´ e porto´ a termine i suoi lavori, senza la
partecipazione del PSLI ufficiale.
Al nuovo partito aderirono 15 deputati
[21]
e 10 senatori[22]
socialisti di diversa provenienza.
Il 4 dicembre 1949, al
teatro Niccolini di Firenze si
aprí il congresso di fondazione del
Partito
Socialista
Unitario (PSU).
Il Partito Socialista Unitario
Secondo la stima dei promotori del congresso, il PSU poteva contare su 30
mila iscritti provenienti dall´UdS, 60-80 mila dal MSA e 50 mila dalla
sinistra del PSLI. Il congresso di unificazione riaffermo´ le note tesi
neutraliste, antimilitariste, federaliste ed europeiste che le sue
componenti avevano sempre affermato, pur con varietá di accenti.
Secondo la „Dichiarazione di principi“ approvata dal congresso, il PSU
restava fedele ai principi generali del socialismo enunciati nel programma
di Genova del 1892 e il suo scopo fondamentale era la lotta per
l´emancipazione della classe lavoratrice dall´oppressione e dallo
sfruttamento capitalistico. Era respinto ogni genere di dittatura, in quanto
la classe lavoratrice poteva attuare il socialismo soltanto con metodi
democratici, e ribadita la fedeltá all´Internazionale Socialista[23].
Segretario fu eletto
Ugo Guido Mondolfo, nobile
figura del socialismo italiano, affiancato da una Direzione rappresentativa
di tutte le forze fondatrici[24].
Organo del partito era Lotta
socialista, con direttore Giuseppe Faravelli.
Fin dall´inizio nel PSU si manifestarono, tuttavia, due anime: una
rappresentata sostanzialmente dall´ex sinistra del PSLI, tendente
a consolidare una funzione autonoma del partito, diversa dalle
posizioni ritenute subalterne del PSI e del PSLI, e l´altra rappresentata da
Romita, che riteneva in un certo senso transitoria la funzione del partito,
in vista di un´auspicata fusione col PSLI. Esse comunque convergevano nel
rifiuto di ogni totalitarismo e di ogni partecipazione a governi centristi[25]. Il 20
settembre 1950, in seguito alle dimissioni, per motivi di salute, di Ugo
Guido Mondolfo, alla segreteria del PSU fu chiamato
Ignazio Silone[26],
proprio mentre nel partito aumentava la distanza tra i fautori
dell’autonomia organizzativa e quelli (Romita) dell’unificazione col PSLI. Col secondo congresso del PSU[27],
che si tenne a Torino dal 27 al 29 gennaio 1951 e che fu animato da un
vivace dibattito, la contrapposizione si fece piú netta, con la
presentazione di due mozioni alternative. Quella
romitiana, favorevole all´unificazione col PSLI, prevalse di stretta misura
con 34.304 voti contro i 34.051 dell´altra. Nuovo segretario sará eletto, il
14 febbraio 1951,
Giuseppe Romita[28]. La vittoria dei fusionisti nel PSU spinse
quest’ultimo e il PSLI a trattative più serrate per concordare tutti gli
aspetti della loro unificazione. Gli accordi tra le due delegazioni furono
raggiunti sulla base dell’uscita dal governo del PSLI e quindi della
collocazione del nuovo partito all’opposizione; che non fosse però
un’opposizione di principio, ma suscettibile di un ingresso nell’esecutivo,
qualora in futuro se ne fossero presentate le condizioni politiche. In
politica estera si accettava, anche da parte del PSU, il Patto Atlantico, di
cui si auspicava, però, in un imprecisato futuro, il superamento. Tali
accordi furono poi ratificati dal VI congresso del PSLI, svoltosi dal 31
gennaio al 3 febbraio del 1951, in seguito al quale si dimisero da ministri
Ludovico D´Aragona, Ivan Matteo Lombardo e Alberto Simonini. La fusione tra PSU e PSLI fu formalizzata nel
simbolico 1° maggio 1951 e il nuovo partito che ne derivò assunse la
denominazione di Partito Socialista-Sezione Italiana dell´Internazionale
Socialista (PS-SIIS)[29].
Esso era governato, ad ogni livello, da una diarchia e aveva due segretari:
Giuseppe
Saragat
e Giuseppe
Romita. Il partito fu ammesso
nell´Internazionale Socialista, ricostituita a Francoforte il 30 giugno
1951. Il successivo congresso del PS-SIIS, tenutosi
a Bologna dal 3 al 6 gennaio 1952 ratificò la fusione tra i due tronconi
socialdemocratici e modificò la denominazione in Partito Socialista
Democratico Italiano (PSDI)[30].
Ferdinando Leonzio
[1]
L´articolo Il
Partito Socialista Unitario (1922-1925) 1° , é
stato pubblicato sul numero di gennaio 2019 di questo giornale, a cura dello
stesso autore Ferdinando Leonzio
[2]
Europa
Socialista,
prima
bisettimanale e poi settimanale, era stata fondata nel marzo 1946 dallo
stesso Silone con redattore capo, in primo tempo, Tullio Vecchietti.
[3]
Il
giornale poteva contare su vari collaboratori esteri, come Harold Laski,
Karl Renner, Benedikt Kautsky, Victor Larock.
[4] Tale raggruppamento, guidato da
Ferruccio Parri e Ugo La Malfa, costituí poi il “Movimento della Democrazia
Repubblicana” che, assieme al “Movimento Liberale Progressista” (sinistra
liberale staccatasi dal PLI) si presento, alle elezioni per l´Assemblea
Costituente del 2-6-1946, nella lista “Concentrazione Democratica
Repubblicana”, che ottenne due seggi. Furono eletti Parri e La Malfa. Nel
settembre 1946 il gruppo aderí al PRI.
[5] La maggioranza filo-PSI era
guidata da Riccardo Lombardi, Francesco De Martino e Vittorio Foa.
[6]
Ne
facevano parte anche Piero Calamandrei, Mario Alberto Rollier, Giorgio Spini
e Paolo Vittorelli.
[7]
La
testata echeggiava quella del giornale del disciolto PdA
L´Italia Libera.
[8]
Con
questa espressione si sanciva l´esclusione da ogni ipotesi unitaria del PSI,
in quanto alleato del PCI, da cui appunto gli autonomisti riuniti a Milano
intendevano difendere la loro autonomia e la loro scelta per l´Occidente.
Cio´ che univa i partecipanti al convegno era, infatti, il rifiuto di ogni
legame organico con i comunisti.
[9]
Di essi,
in base al gioco delle preferfenze che favoriva il meglio organizzato
partito Di Saragat, 31 erano del PSLI e solo due dell´UdS, cioé I.M.
Lombardo e Piero Calamandrei. Al Senato Unitá Socialista (4,2 %) ottenne
otto seggi + 12 senatori di diritto ad essa vicini.
[10] Fra cui Marco Alberto Rollier e
Secondo Ramella.
[11] Sigla del “Comitato della
Conferenza Internazionale Socialista”, costituito nel novembre 1946. Il
Comisco il 5-6-1948 sospenderá il PSI per la sua politica di alleanza col
PCI e nel marzo del 1949 lo escluderá del tutto, ammettendo al suo posto
“Unitá Socialista”.
[12]
Pietro
Nenni, Rodolfo Morandi, Lelio Basso.
[13] „Riscossa
Socialista“ di Alberto Jacometti (nuovo segretario del partito), Riccardo
Lombardi (nuovo direttore dell´Avanti!),
Fernando Santi (segretario generale aggiunto della CGIL).
[14] Mozione “autonomistica unificata”
di Giuseppe Romita, Virgilio Luisetti, Italo Viglianesi.
[15] Ciò potrebbe far ipotizzare che
se Saragat e Lombardo non avessero promosso le loro scissioni, le correnti
autonomiste avrebbero potuto conquistare la maggioranza nel partito,
cambiandone la storia.
[16]
Lo stesso
fece la „sinistra“ con la fondazione di
Quarto Stato
(Basso) e
Mondo Operaio (Nenni).
[17]
Il
documento fu apprezzato solo dalla sinistra socialdemocratica.
[18]
Esso era
composto da Barilli, Borghesi, Bulleri, Chiari, Dalla Chiesa, Farina, Landi,
F.Lupis, Motta, F. Orlandi (futuro segretario del PSDI), Romita, Spinelli,
Viglianesi, Villani, Zampese, Zampini.
[19] L´uscita dal partito di Virgilio
Dagnino e di gran parte dell´organizzazione giovanile e, piú tardi, di Lucio
Libertini.
[20]
Centro-sinistra e sinistra del PSLI si erano unificati nella „Corrente per
l´unitá socialista“.
[21]
I deputati erano: Giuseppe Arata, Egidio Ariosto, Chiaffredo Belliardi,
Corrado Bonfantini, Piero Calamandrei, Giovanni Cartia, Antonio Cavinato,
Giovanni Giavi, Ubaldo Lopardi, Giuseppe Lupis, Matteo Matteotti, Ugo Guido
Mondolfo, Ezio Vigorelli, Mario Zagari, Umberto Zanfagnini.
[22]
I senatori erano: Luigi Carmagnola, Giovanni Cosattini, Emilio Leopardi,
Virgilio Luisetti, Salvatore Molé, Gaetano Pieraccini, Luigi Rocco, Giuseppe
Romita, Tommaso Tonello, Francesco Zanardi.
[23]
Il PSU fu
subito riconosciuto dal Comisco, che espulse dalle sue file il PSLI. Al
congresso intervennero il francese Robert Verdier, direttore de
Le Populaire,
organo della SFIO, e il deputato laburista britannico Denis Healey.
[24]
Ne
facevano parte Tristano Codignola, Matteo Matteottu, italo Viglianesi
(vicesegretari), Amadio, Bonfantini, Borghesi, Carmagnola, Cartia, Cossu,
Faravelli, Garosci, Luisetti, Paresce, Pecoraro, Schiano, Silone, Tolino,
Vassalli, Vittorelli, Zagari e i capigruppo della Camera (Vigorelli) e del
Senato (Romita).
[25]
Il 5 febbraio 1950 cessò di esistere, nel corso del suo unico
congresso, la FIL, i cui aderenti
(di area PSLI e PRI), assieme ai sindacalisti del PSU, già organizzati nei
GASU (Gruppi di Azione Sindacale Unitaria), il 5-3-1950 a Roma, diedero
vita, presenti 253 delegati, alla UIL (Unione Italiana del Lavoro).
[26]
Del nuovo esecutivo del PSU entrarono a far parte, oltre il segretario
Silone, Matteo Matteotti , Enrico Paresce e Paolo Vittorelli, vicesegretari,
ed inoltre Ugo Guido Mondolfo, Giuseppe Romita, Italo Viglianesi, Ezio
Vigorelli e Mario Zagari.
[27] Poco prima vi era affluita
un´ulteriore piccola pattuglia autonomista proveniente dal PSI:
Lupis,
Cristalli, Musotto.
[28]
Della
nuova Direzione facevano parte, per la maggioranza, Albergo Arnone,
Battistini, Colajanni, Cossu, Costa, Di Giovanni, Luisetti, Lupis,
Orlandi, Russo, Tanassi; per la minoranza: Bonfantini, Carmagnola,
Codignola, Faravelli, M.Matteotti, U.G. Mondolfo, Silone, Zagari.
[29]
L´11
maggio 1951 vi aderí anche Giancarlo Matteotti, ex vicesegretario del PSI.
[30]
Tale
deliberazione fu adottata con una maggioranza piuttosto limitata: 123.564
voti a favore e 116.160 contro.
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