Caro Fausto, la
malattia politica del PD e PDL Lettera aperta di Rino Formica a Il Foglio (24 luglio 2013) |
Caro
Fausto, dovremmo essere in tanti a ringraziarti per la tua lettera
aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano perché, quando
la dura critica si svolge nella forma della forza delle idee e
dell'onestà intellettuale, allora si offrono le condizioni migliori per
una seria discussione in grado di imporsi sul fatuo chiacchiericcio
politico che ci ammorba e debilita ogni iniziativa. Nessuno
può negare che gli sviluppi della Costituzione "materiale",
sino agli esiti "eccezionalistici" ultimi, stanno conoscendo
una dimensione non più contenibile dentro lo spirito della Carta e
della struttura istituzionale a esso conseguente. Anche se va
riconosciuto che il modello parlamentare della nostra democrazia entrò
in conflitto con la "governabilità" fin dalla fine degli anni
'70 e i tentativi, numerosi e inoperosi, di legarli in un rapporto di
non belligeranza fallirono per una semplice e inoppugnabile ragione: il
partito del conservatorismo costituzionale nella storia dell'Italia
repubblicana è sempre stato più forte di quello delle riforme, piccole
o grandi che fossero, dal tentativo "premiale" degasperiano
(bisogna convenire che la cosiddetta legge truffa fu un primordiale e
audace tentativo di legare virtuosamente governabilità e
parlamentarismo) a quello presidenziale di Craxi. E il principio basico
usato per difendere la "Costituzione più bella del mondo",
allora come oggi, ė lo stesso da te utilizzato per contrastare gli
esiti "post-democratici" verso cui sembrano muovere gli
straordinari sforzi di Giorgio Napolitano per salvare quello che resta
della governabilità del paese: extra ecclesiam, nulla salus, vale a
dire, al di fuori del parlamentarismo la democrazia muore. Tu stesso,
nel tuo ragionare, ne mostri la genealogia politica e culturale quando
fai risalire quel principio, il nesso parlamentarismo-democrazia, alla
natura "programmatica" della Costituzione, identificando tale
natura con la garanzia di modello costituzionale aperto e non vincolato
a "opzioni finalistiche" nella definizione di società futura.
Credo, invece, che quel "programma", stretto tra la democrazia
integrale di Dossetti e la democrazia progressiva di Togliatti, abbia
costituito la vera gabbia di ferro della nostra esperienza di
democrazia, "programmata" sin dalle origini per muoversi
dentro il vincolo unitario, all’interno dell’obbligazione dello
“stare insieme”. Un vincolo unitario (altri direbbero
"consociativo") che ha funzionato con gli stessi codici e
senza soluzione di continuità nella forma del compromesso storico, ieri
e delle larghe intese, oggi, in relazione alla condizione geo-politica
del paese, prima e dopo Yalta.
Tutto
quello che ci sta piovendo addosso, dalla eterodirezione dei processi di
decisione politica alla limitazione della sovranità, non può essere la
conseguenza del “tradimento” di una storia di democrazia
parlamentare, nė di assoggettamento alla logica post-politica e
post-democratica della globalizzazione, ma è la conseguenza della
condizione di inferiorità e di arretratezza della cultura politica
della Sinistra italiana, che, invecchiando nelle botti della
autoreferenzialità dell’unità antifascista, si ė inacidita in
ideologia. Pur
avvertendo i pericoli di “sospensione” democratica presenti nella
fase attuale, non credo che la recente prassi costituzionale seguita dal
Presidente Napolitano segni un momento di involuzione politica.
Piuttosto interpreto l’eccezionalismo del suo operare come un
tentativo, estremo e solitario, di creare quel “sentimento
nazionale”, quelle condizioni minime per far ripartire la politica
dentro un campo nel quale l’antipolitica e la post-politica stanno
giocando una partita mortale e non soltanto nazionale contro la
democrazia. Sarà poco, ne convengo, ma senza il filo della
“nazione” e del “popolo” non si tesse alcuna trama a copertura
degli interessi popolari e nazionali e saranno sempre gli “altri” a
dettarci l’agenda. Una agenda che prevede, questa sì, una formula inedita: la
democrazia a contratto. Caro
Fausto, per
chiudere, vorrei rilevare che al Presidente Napolitano è stato chiesto
un sovraccarico di compiti politici che vanno molto oltre il mandato
istituzionale. Quando
a Napolitano è stato chiesto di accettare il secondo mandato
Presidenziale, il sistema politico ha dichiarato tutta la sua impotenza. La
malattia è nelle istituzioni. Presto
verranno al pettine nuovi nodi. 1-Tra
9 mesi ci saranno le elezioni europee. La presenza di movimenti
antieuropei potrebbe essere maggioritaria se si dovessero aggiungere gli
euroscettici di tutte le grandi famiglie politiche europee. 2-Tra
16 mesi scade il termine per le riforme istituzionali e per la
definizione della nuova legge elettorale. La discussione non è ancora
iniziata. 3-Tra
18/24 mesi probabilmente si aprirà la questione Quirinale. Ci sarà
ancora questo Parlamento? Il
sistema politico è pronto a reggere a queste prove di esame? Invece
di rivolgere osservazioni a Napolitano, rivolgiamoci al PD e al PDL,
perchè la loro malattia politica può infettare l’Europa molto di più
del nostro debito pubblico. Fraterni
saluti Rino Formica
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