WALTER VELTRONI INTERVISTA RINO FORMICA
I misteri e la fine della prima
Repubblica
Rino
Formica, cominciamo con te, autorevole dirigente socialista, una
serie di incontri per ricostruire la fine della prima
Repubblica, assai più certa della nascita della seconda. Cos’
era la prima Repubblica? «L’Italia è stato un Paese di
frontiera, ma di più frontiere. Frontiera Est-Ovest e poi
Nord-Sud. È stato luogo di scambio tra due imperi, quello
sovietico e quello americano. E aveva una frontiera in più,
quella dello Stato del Vaticano. Infine vi era una frontiera
tutta interna del sistema politico: quella tra forze politiche
che dovevano stare insieme necessariamente per ragioni
costituzionali, ma erano divise per appartenenza a due campi
ideologici diversi. Come hanno risolto i problemi della
frontiera le classi dirigenti della prima Repubblica? Con un
miracolo di equilibrismo in tutti i campi. Sulla frontiera
Est-Ovest sono stati un Paese fedele all’alleanza, ma
contemporaneamente coltivavano aperture al dialogo con il campo
dell’Est. Poi c’erano ragioni commerciali. Insomma era un
miracolo di equilibrio: un po’ di Helsinki, un po’ di Tangeri».
E sul
fronte interno? «La frontiera interna era tra i
partiti del campo occidentale ed il Partito Comunista, che aveva
un legame ideologico con l’Est. Lo regolava con il patto
costituzionale e con la grande intuizione del partito di massa
del Partito Comunista, un partito che si doveva non isolare come
partito minoritario di avanguardia, ma doveva entrare
all’interno della società nelle aree più ramificabili
dall’influenza politica. Si saldava così un legame
costituzionale. Il legame del compromesso patriottico. Nessuna
forza politica del campo occidentale avrebbe messo fuori legge
il Partito Comunista e il Partito Comunista non sarebbe mai
stato un partito falange armata in caso di attacco all’Italia
dei Paesi dell’Est».
Rino
Formica, cominciamo con te, autorevole dirigente socialista,
una serie di incontri per ricostruire la fine della prima
Repubblica, assai più certa della nascita della seconda.
Cos’ era la prima Repubblica? «L’Italia è stato un
Paese di frontiera, ma di più frontiere. Frontiera Est-Ovest
e poi Nord-Sud. È stato luogo di scambio tra due imperi,
quello sovietico e quello americano. E aveva una frontiera
in più, quella dello Stato del Vaticano. Infine vi era una
frontiera tutta interna del sistema politico: quella tra
forze politiche che dovevano stare insieme necessariamente
per ragioni costituzionali, ma erano divise per appartenenza
a due campi ideologici diversi. Come hanno risolto i
problemi della frontiera le classi dirigenti della prima
Repubblica? Con un miracolo di equilibrismo in tutti i
campi. Sulla frontiera Est-Ovest sono stati un Paese fedele
all’alleanza, ma contemporaneamente coltivavano aperture al
dialogo con il campo dell’Est. Poi c’erano ragioni
commerciali. Insomma era un miracolo di equilibrio: un po’
di Helsinki, un po’ di Tangeri».
E sul
fronte interno? «La frontiera interna era tra i
partiti del campo occidentale ed il Partito Comunista, che
aveva un legame ideologico con l’Est. Lo regolava con il
patto costituzionale e con la grande intuizione del partito
di massa del Partito Comunista, un partito che si doveva non
isolare come partito minoritario di avanguardia, ma doveva
entrare all’interno della società nelle aree più
ramificabili dall’influenza politica. Si saldava così un
legame costituzionale. Il legame del compromesso
patriottico. Nessuna forza politica del campo occidentale
avrebbe messo fuori legge il Partito Comunista e il Partito
Comunista non sarebbe mai stato un partito falange armata in
caso di attacco all’Italia dei Paesi dell’Est».
Quel
patto muore con la morte di Moro e tutto il sistema comincia
uno squilibrio che esploderà con la caduta del muro? Che
idea ti sei fatto di quel grumo di anni che c’è tra il golpe
in Cile, il rapimento Moro volto a far saltare il
compromesso storico, l’assassinio di Falcone? «Tra
il 1948 e il 1989, quaranta anni, in un Paese di frontiera
come l’Italia, si è combattuta una guerra fredda. I due
campi ideologici non erano in condizione di poter dialogare
senza misurarsi costantemente sul piano della forza. Ma non
più la forza militare. Ogni volta che si stava per arrivare
al punto dello scontro, del passaggio dalla guerra fredda
alla guerra calda, i due imperi frenavano. Questa guerra di
aggiustamento delle condizioni di squilibrio che si andavano
a creare nelle due aree non poteva non avvenire che con
mezzi occulti, coperti, non visibili. Ho letto un tuo
articolo sulla strage di Brescia. Ti sembra possibile che in
un Paese di frontiera non si sappia cosa c’era nell’uso del
terrorismo di destra e di sinistra? Noi pensiamo: il
terrorismo di sinistra ha una base ideologica. E quindi ha
un retroterra anche idealistico, pazzoide, quello che vuoi,
ma c’era idealismo, sporco di sangue. Il terrorismo di
destra non aveva nulla di ideologico, è stato
strumentalizzato ed utilizzato a fini di manovalanza. Non
esisteva una centrale del fascismo che utilizzava il
terrorismo di destra per ragioni ideologiche, c’era una
centrale di farabutti che dovevano dare una veste ideologica
allo stragismo. Il terrorismo di destra è assimilabile alle
bande criminali della mafiosità. Perché è roba da criminali,
da mafiosi».
Cos’era
Gladio? Tu sapevi che esisteva? «Gladio, nella sua
manifestazione plateale, appare nel ‘90-91 con le
dichiarazioni di Andreotti. Delle organizzazioni parallele
fuori dell’ordinamento costituzionale, parla lo stesso
Andreotti in un articolo sul Sifar pubblicato sul giornale
Concretezza nel
febbraio del ’68. “Ma di che cosa si sta parlando qui? Qui è
tutto noto, tutti sanno. I rapporti, anche le forme
clandestine”. Fa accenno esplicito ad organizzazioni,
all’interno del nostro sistema di sicurezza e del nostro
sistema di alleanze, non costituzionalmente rispettabili, o
compatibili costituzionalmente. Andreotti era uno che non si
faceva coinvolgere nei problemi, ma era informato. Lui non
si immischiava. Sapeva e tesaurizzava. Quando, nell’84, feci
l’intervista sulla questione dell’attentato al treno...»
La
strage del rapido 904, diciassette morti all’antivigilia di
Natale. «Sì. Dissi: “Ci hanno mandato un
avvertimento”. Dissi che c’erano forze che volevano ledere
la nostra sovranità. Spadolini fece un casino. C’era il
governo Craxi...CONTINUA
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