"Le ragioni di stato" nelle mani dei banchieridi Rino Formica su Il Riformista del 11 Ottobre 2011 Nel ‘900, dopo la prima guerra mondiale, vi fu una ondata di umanesimo universalista ed un forte discredito della “ragione di Stato nazionale”. Durò poco l’illusione di una moralità internazionale che potesse oscurare l’amorale realismo delle nazioni. Con la fine della seconda guerra mondiale, si trovò un punto di equilibrio tra l’autodeterminazione dei popoli e l’antico concetto della sovranità nazionale. Ma il crollo di uno dei pilastri garanti dell’equilibrio mondiale non ha dato forza all’umanesimo universalista, né ha distrutto le ragioni di Stato, ma ha generato un nuovo conflitto tra “ragione di Stato universalista” senza legittimazione democratica e “ragione di Stato nazionale” con legittimità popolare. Questo conflitto è destinato ad esaltare le tendenze autoritarie ed incontrollabili delle “ragioni di Stato universaliste” e a frantumare le “ragioni di Stato nazionali” con scomposizioni e ricomposizioni di nuove entità territoriali. Se in passato l’umanesimo universalista cedette il campo alla “ragione di Stato nazionale” per mancanza di realismo, oggi la “ragione di Stato universalista” può distruggere le “ragioni di Stato nazionali”. E’ la bomba nucleare nel cielo dei popoli e delle democrazie. Se è questo l’incerto orizzonte che tormenta la nostra vista, la soluzione non è un ritorno al vecchio equilibrio tra modello democratico occidentale ed esperienza sovietica. Occorre una revisione della teoria della “ragione di Stato nazionale” più compatibile con la maturazione etica dei popoli, ed occorre una azione politica coordinata tra le nazioni per escludere dall’esercizio della “ragione di Stato universalista” le forze del potere non controllate e non controllabili dai popoli. Insomma per riassumere: è vero che in politica non valgono le prediche ma sono “gli ordini” che cambiano la storia. Resta, però, aperto l’eterno problema: chi da’ gli ordini e chi paga se gli ordini sono sbagliati? |