Formica:"Si va verso la Lega delle Leghe" |
La
prima e più eletta vittima di queste elezioni è l’illusione
bipartitica. A causa di
questa allucinazione è caduto Veltroni e su questo abbaglio sta
scivolando Berlusconi. I due grandi partiti hanno perso sette
milioni di voti per correre dietro questo miraggio. E
sino a questo punto, nulla di irreparabile, se non fosse che vi è
un effetto di trascinamento provocato dal crollo della prospettiva
del bipartitismo: il bipolarismo diventa più instabile e vede i
due partiti dominanti alla mercè dei partiti irriducibili
all’assorbimento o alla irrilevanza (Lega da una parte e Italia
dei Valori dell’altra). Il
bipolarismo è la rappresentazione plastica delle due grandi aree
della dialettica democratica: l’area di governo e l’area di
opposizione. Il
bipolarismo è il cuore della democrazia dell’alternativa. Questa
è la ragione che spinge i due popoli ad essere attenti a ciò che
avviene nel campo altrui perché i vizi e le virtù nelle due aree
sono in costante rapporto osmotico. I
risultati elettorali ci dicono che i due poli sono malati e sono
destinati a produrre instabilità politica e sociale. Nell’area
di governo la vittoria di Bossi non è solo numerica ma ha un peso
specifico che gli consente di partire
dalla base forte del potere locale del Nord, di
occupare il Governo centrale e di emarginare
il tradizionale “partito romano”. Berlusconi è il più
esposto alle contraddizioni perché è legato fisicamente alla realtà
territoriale leghista del Nord e perché è anche espressione di
quel vezzo romano di non saper distinguere tra cosa
pubblica e la
“roba” privata. Nell’area
di opposizione il Pd è un ammasso di antiche rovine coperte dal
telone di un teatro tenda dove tutti si esibiscono ma il copione lo
scrive Di Pietro e alla cassa vigilano gli emiliani che sentono
l’avvicinarsi della tromba d’aria. Quando
si dice faremo un congresso vero, si confessa che sinora hanno fatto
congressi falsi. Mi
pare che questo sia stato l’unico strillo di autentica verità
emesso in questi giorni di triste ripiegamento. A
questo punto mi dovrei fermare e dovrei suggerire di far rivivere un
bipolarismo sano e virtuoso e dovrei invitare le
parti a bonificare le aree malsane
del leghismo e del dipietrismo. Ma
non si può, perché ricadrei nell’errore
degli analisti superficiali. E’
nostro dovere dire se giudichiamo superato o meno il punto di non
ritorno in un processo di trasformazione dell’intero sistema
politico italiano. Il
vento degli anni novanta ha portato via la forma e la vita dei
partiti nazionali. I
partiti nazionali che furono la spina dorsale della democrazia
italiana si sono frantumati in un insieme di aggregazioni locali.
Questo processo indica la fine di un impero e l’inizio del
feudalismo politico. Il
feudalesimo è una forma di organizzazione sociale primitiva che
tende ad arginare le paure diffuse e le insicurezze individuali
sotto lo scudo protettivo di un capo. Il
feudalesimo è legato sempre alla crisi di un potere centrale e si
fonda su l’abilità di
un conte o di un vescovo nel saper tenere
il controllo del territorio. Questo
è il sistema politico che ci consegna la radiografia delle elezioni
del 6-7 giugno. La
realtà che abbiamo sotto gli occhi ci mostra anche un paradosso
curioso: i partiti
nazionali tradizionali si sono frantumati in realtà feudali
territoriali, mentre la Lega, che ha distrutto i partiti nazionali,
si presenta come un partito nazionale delle politiche territoriali.
Il federalismo fiscale è stato percepito come una riforma nazionale
che restituisce al territorio il potere impositivo e che punisce gli
sprechi legati alla spesa storica. Perché
la Lega sfonda anche nelle
regioni rosse? Perché entra come forza nazionale per far valere le
politiche territoriali nei luoghi ove il Pd
è arroccato nella
tutela dei vecchi schemi della società organica che unificava in un
solo corpo le
istituzioni, i partiti, i sindacati e l’economia. Il
tempo stringe e tra un anno avremo le elezioni regionali in tutto il
territorio nazionale in un quadro europeo dominato da un
centro-destra interessato ad una stabilità sociale post-crisi
globale. Il
centro-sinistra pensa di andare alle elezioni senza una politica
nazionale delle autonomie territoriali. Le candidature del Pd nel
Sud in queste elezioni e lo sconcio della caccia alla preferenza ci
dicono che è stato superato ogni
limite alla decenza. La
storia ci insegna che quando i regimi forti si affermano per via
elettorale, vi è sempre una responsabilità delle forze di
sinistra. I
vecchi partiti nazionali restano prigionieri dei loro schemi come lo
furono negli anni ’60 quando non capirono che la società si
andava liberando dalle camicie di forza delle discipline di partito. Oggi
non hanno compreso che il centro della elaborazione e delle
decisioni politiche si è spostato dal centro alla periferia. La
Lega anticipò questo processo e ormai lo guida nell’area forte
del Paese: il Nord. Un
impetuoso effetto imitativo si svilupperà ancora e raggiungerà un
punto alto nelle elezioni regionali 2010. In
quel giorno la Lega assumerà il ruolo di Lega delle Leghe
regionali. Sarà
allora che le burocrazie del bipartitismo (Pd e Pdl) si accorgeranno
che è cominciato un
nuovo ciclo politico che richiede
uno sbocco nazionale
alle politiche territoriali. Oggi
la Lega condiziona Berlusconi nel governo locale del Nord e
nel governo nazionale, ma non è questa la sua vera vittoria
politica. La
Lega ha vinto la battaglia iniziata dagli anni ’80 contro il “
partito romano” e contro le politiche nazionali dei partiti
tradizionali. Il
problema era reale, la soluzione è irreale: siamo tornati ai feudi
e ai feudatari. Qualcuno
continuerà a baloccarsi con un rinnovamento da farsi con i visini
angelici o diabolici o da realizzarsi con gli espedienti delle
consultazioni primarie o referendarie, mentre la Lega avrà in ogni
regione piantato l’albero di una libertà territoriale
centrifuga. E allora sarà forse la Lega a trasformarsi in forza
centripeta perchè
godrà della fiducia dei feudatari locali. Non
so se saranno giorni radiosi o se vi sarà un ‘alba grigia. Posso
solo prevedere tempi lunghi per un equilibrio nel sistema politico. Il
tormentone finirà quando sapremo che Berlusconi è andato in
pensione e che gode ottima salute, e che Franceschini ha perso la
cassa integrazione perché l’azienda non c’è più. Ma
non possiamo prevedere se qualcuno avrà la voglia di assumere i
vecchi feudatari conti o vescovi.
On. Rino Formica |